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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 14:26.

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Il «derby delle fragilità» tra Italia e Spagna pesa sull'Europa: così titolavano ieri i grandi blog finanziari internazionali davanti all'ennesimo crollo delle Borse di Milano e Madrid. Spaventa la crisi delle banche iberiche, non solo spagnole ma anche portoghesi, ma spaventa anche il possibile contagio di sfiducia che incombe su quelle italiane. UniCredit, il cui titolo è stato sospeso dalle contrattazioni per eccesso di ribasso, ha pagato ieri per tutti.

Le vendite, hanno spiegato gli analisti, hanno colpito UniCredit e in generale tutte le banche italiane senza una vera ragione apparente. «Più si insiste nei paragoni tra la crisi italiana a quella spagnola - spiegava un operatore - più il mercato si convince che l'una pesa sull'altra: se salta la Spagna, insomma, anche l'Italia paga il conto». Nel caso delle banche, però, la situazione ha ben poche analogie. Mentre le banche italiane hanno già ricapitalizzato e hanno ancora pieno accesso al mercato dei capitali, quelle spagnole sembrano ormai dipendenti dai prestiti della Bce: in marzo, i prestiti erogati da Francoforte agli istituti spagnoli - le cui ricapitalizzazioni sono ancora in stand by - hanno rappresentato il 28% del totale erogato in Europa.

Perché, dunque, le banche italiane vengono colpite in Borsa quanto quelle spagnole? C'è giustamente chi attribuisce la colpa di questa situazione alla recessione in atto nei due Paesi e all'assenza di programmi di sostegno dell'economia. Ma c'è anche chi aggiunge, soprattutto per l'Italia, che il vero pericolo che incombe su banche e imprese (e in questo senso la Borsa anticipa il rischio) è quello di subire prima il contraccolpo della crisi del commercio internazionale, e poi quello di non saperne cogliere la ripresa quando questa si verificherà. L'ingresso sui mercati dei Paesi di nuova industrializzazione ha prodotto una nuova ripartizione del lavoro e della produzione, ma il gravissimo ritardo nella definizione delle politiche pubbliche di sviluppo rischia di lasciarci senza ruolo o identità industriale: la crisi di Madrid sarà anche contagiosa, ma è il ritardo italiano nella politica industriale a penalizzarci di più nelle scelte degli investitori internazionali. Altri ritardi rischiano quindi di costarci molto cari: se le imprese non lavorano ed esportano, le nostre banche vanno in crisi. E a farne le spese sono Borsa e spread. Questa situazione, già vista la scorsa estate, rischia di qui alle prossime settimane di provocare una nuova ondata di crisi e di incertezza borsistica e finanziaria. Perché oltre alle difficoltà pregresse, ne stanno per arrivare di nuove: il rischio di una nuova ondata di declassamenti delle banche da parte delle agenzie di rating. Ieri in pochi si sono accorti che dietro al crollo di Piazza Affari e di Madrid c'è stata anche (o forse soprattutto) la pubblicazione sul sito di Moody's del calendario delle prossime revisioni di rating degli istituti bancari europei: i traders sembrano aver già dato per scontato che le situazioni più rischiose per il mercato riguardano soprattutto la Spagna e l'Italia. Come dargli torto, visto che la stessa Moody's ha deciso di cominciare l'esame dei rating delle banche europee proprio con l'Italia? La revisione dei voti di affidabilità dell'intero sistema bancario italiano comincerà infatti la prossima settimana, e sarà poi seguito nella settimana che comincia il 23 aprile dall'esame delle banche spagnole: senza fatti nuovi in tema di crescita o riforme, sarà difficile convincere il mercato che siamo diversi dagli spagnoli.

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