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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2012 alle ore 14:57.

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Il secondo motivo addotto a giustificazione dell'errore commesso di aver accettato il paese nell'Unione economica e monetaria europea, è costituito dagli sprechi statali ed i suoi eccessivi deficit. Le performances economiche della Grecia dopo il 2003, in particolare durante la seconda metà del decennio del 2000, purtroppo non hanno seguito quelle degli otto anni precedenti. Nel 2006, il governo dell'epoca ha iniziato a perdere il controllo delle spese e delle entrate pubbliche, per raggiungere il culmine, negli anni 2008 e 2009, quando il deficit pubblico è salito vertiginosamente, superando il 10% del Pil.

Il crollo della Lehman Brothers e la rivalutazione dei rischi finanziari da parte dei mercati, ha comportato l'aumento degli interessi sui prestiti della Grecia, che costituiva l'anello debole dell'area Euro. Così è scoppiata la crisi greca del deficit pubblico. La mancata adozione di misure urgenti e severe di stabilizzazione da parte di due governi greci consecutivi e l'esitazione della zona Euro ad intervenire, hanno provocato la chiusura dei mercati finanziari per la Grecia, per poi arrivare al suo salvataggio, dopo numerosi tentennamenti, con l'intervento della "troika" (Fmi, Ue, Bce), un salvataggio soggetto ad una severa applicazione delle misure di risanamento dell'equilibrio finanziario e della competitività.

Gli effettivi sprechi rappresentano il motivo esclusivo di questi sviluppi? La principale causa della crisi, in Grecia come negli altri stati-membri periferici dell'area dell'Euro, è stata principalmente provocata dagli enormi disavanzi in continua crescita delle partite correnti di questi paesi, dalla perdita di competitività e, soprattutto, dai differenti livelli di sviluppo tra Nord e Sud, e non tanto dall'incapacità gestionale dei loro leaders. Il Sud acquista dal Nord prodotti industriali di alta qualità ed elevato livello tecnologico. Il Nord, invece, acquista dal Sud una quantità molto minore di prodotti. In media, nel periodo tra il 2000 ed il 2007, il disavanzo delle partite correnti della Grecia era pari al 8,4% del Pil, e del Portogallo del 9,4%, mentre le eccedenze della Germania erano del 3,2% del Pil, e dell'Olanda 5,4%. Per coprire questi disavanzi delle partite correnti in continua crescita, i Paesi periferici sono stati costretti ad indebitarsi sempre più. Il risultato è stato l'aumento del loro debito.

Il ritardo nel funzionamento dell'amministrazione statale e delle istituzioni ancora una volta ha costituito il pretesto, per ribadire che la Grecia, e forse anche altri stati-membri periferici, non avrebbero dovuto diventare membri dell'Unione economica e monetaria. Questa Uem, tuttavia, non è un club di Paesi evoluti con interessi comuni, contrapposti a quelli dei Paesi in ritardo. Si tratta di una fase evolutiva dell'Unione, per facilitare la cooperazione economica tra i suoi membri, per creare rapporti che possano rafforzare gli sforzi comuni volti allo sviluppo, per ottenere la graduale convergenza delle loro economie e per sfruttare nel modo migliore le opportunità fornite dall'abolizione dei confini e dagli obiettivi condivisi. È un piano comune per raggiungere il progresso che quindi, deve includere nella sua pianificazione, i più potenti con le loro capacità, ma anche i più deboli, con le loro debolezze; deve prendere in considerazione gli squilibri e valutare il fatto che i paesi evoluti non sono solo soggetti ad oneri, anzi, ne traggono notevoli benefici, grazie ai loro servizi finanziari e le loro esportazioni.

L'implementazione delle misure di stabilizzazione in Grecia, a maggio del 2010, ha comportato un miglioramento significativo dei risultati finanziari e della competitività, ma ha contribuito anche a creare una recessione economica profonda e di lunga durata, ad aumentare vertiginosamente la disoccupazione che ha raggiunto il 20%, incrementando la povertà e la miseria di parte del popolo greco. Non è solo la Grecia responsabile di questo risultato. La combinazione della politica economica imposta dal primo piano di aiuti non era la più adeguata e quindi le performances attese non sono realistiche, finanche per quei paesi dotati di economie molto più potenti di quella greca. Si ha la sensazione che le condizioni imposte dovessero costituire un esempio da evitare per gli altri Paesi, punendo in modo esemplare la Grecia. La recessione, inizialmente prevista dal Fme per il periodo 2009-2012 al -7,5%, attualmente si calcola sia a -18%, fatto questo che non consente il raggiungimento degli altri obiettivi, generando anche intense agitazioni sociali.

La Grecia ha costituito il pretesto della crisi dell'Euro, non ne è stata, tuttavia, la causa. La sua causa va ricercata nel fatto che la zona dell'euro è un'unione monetaria a tutti gli effetti, ma non è una vera e propria unione economica e fiscale di stati-membri con differenti caratteristiche strutturali: quelle dei Paesi maturi dell'Europa del Nord, e quelle delle economie meno mature del Sud europeo. La crisi attuale è solo in parte crisi di debito pubblico, e ciò interessa principalmente la Grecia ed il Portogallo. Per il resto, si tratta di crisi del settore privato e del sistema bancario di numerosi stati-membri, e anche crisi del controllo e della sorveglianza da parte delle autorità monetarie dell'area euro. L'Unione europea non ha ancora ideato un contesto complessivo di governance economica, un nuovo modo per affrontare gli squilibri tra il nucleo centrale sviluppato e la sua periferia meno evoluta; non si è occupata sistematicamente di promuovere realmente la crescita economica. Se ciò non avrà luogo, allora ci saranno nuove crisi in futuro.

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