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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2012 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 09 maggio 2012 alle ore 08:36.

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Tre fattori hanno spinto ieri in pesante ribasso le borse e i titoli di Stato dei Paesi euro: di tutti tranne dell'Olanda e soprattutto della Germania, dove i rendimenti dei Bund decennali hanno toccato il nuovo minimo storico dell'1,54%. Ad angustiare gli investitori sono stati l'insostenibile situazione greca, l'aggravarsi della recessione in Italia e Spagna e la crisi bancaria che ha investito Madrid con l'impellente salvataggio di Bankia. Si può osservare che tutto questo era noto fin dalla mattinata di lunedì, pur con i mercati in allegra crescita, come se ogni brutta notizia fosse scontata. In realtà le Borse scontavano solo la chiusura della piazza londinese, attraverso la quale passano gli ordini, oltre che degli investitori britannici, di quelli americani e anche delle grandi istituzioni finanziarie dell'Europa continentale.
Il minore di questi fattori è l'ingestibile condizione della Grecia, la quale con molta probabilità non onorerà gli impegni presi con la Ue, sarà costretta a ristrutturare il suo debito (leggi: fallimento) e potrebbe, di conseguenza, uscire dall'euro entro il prossimo anno. Non sarebbe una catastrofe per gli altri Paesi dell'Unione, non minerebbe l'euro e l'effetto contagio è già tutto nei prezzi dei titoli di Stato italiani, spagnoli e francesi. La situazione sarebbe gestibile, pur ricordando che circa il 20% dei prestiti concessi dalle istituzioni europee alla Grecia è a carico dell'Italia e quel 20% vale circa due punti percentuali del nostro Pil.

Per un Paese in recessione come il nostro, il default greco rappresenterebbe comunque un altro duro colpo. Se l'economia accennasse a crescere verso fine anno, lo shock sarebbe facilmente assorbibile. Il guaio è che nel tunnel in cui si muovono Italia e Spagna non si vede alcun spiraglio di luce e quella breve sensazione di ottimismo che si poteva respirare tra gennaio e febbraio è stata del tutto delusa dai dati macro che sono seguiti. Il Pil del primo trimestre sarà profondamente negativo per l'Italia e, considerando che ad aprile è ulteriormente calata la fiducia delle famiglie e delle imprese, sono caduti i consumi di energia elettrica, è crollato il traffico autostradale e i consumi di benzina, anche il Pil del secondo trimestre si rivelerà in netto calo. S'aggiunga che i prezzi delle case sono suscettibili di forti ribassi e le prospettive diventano assai sconfortanti.

I guai dell'Italia sarebbero addirittura amplificati in Spagna, proprio a causa di un mercato immobiliare finito in bolla e di un'economia tutta sbilanciata sulle costruzioni. Il primo inesorabile segno s'è avuto con il salvataggio da 7-10 miliardi di Bankia, in buona parte a carico dello Stato. Barclays stima che il sistema bancario iberico avrà bisogno a breve di 100 miliardi di liquidità e, nell'ipotesi che fosse lo Stato a mettere tutti quei soldi, il debito pubblico schizzerebbe al 100%, vanificando ogni politica di austerità fiscale. Considerando che la Bce ha già fatto la sua parte e che dal governo tedesco, a un anno dalle elezioni, non ci si potrà aspettare alcuna sostanziale apertura, il sistema euro non ha ancora visto il fondo della crisi.

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