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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2012 alle ore 10:02.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2012 alle ore 10:07.

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L'incessante appello agli eurobond che si leva da ogni parte d'Italia rischia di dare un segnale di disperazione. Di proposte ce ne sono molte: dagli eurobond per la crescita a quelli per le banche. Possono essere utili, in alcuni casi sono necessari, ma hanno un elemento in comune: condividere il peso del debito tra i Paesi che ne hanno di più (come il nostro) e quelli che ne hanno meno (principalmente la Germania).

Se qualcun altro paga i nostri debiti, perché no? Si può discutere sulla probabilità che Monti riesca a convincere i tedeschi a questa soluzione (per me pressoché nulla), ma non si può discutere sul fatto che i tedeschi, se anche dovessero accettare, chiederebbero pesanti contropartite. L'illusione italica che l'aiuto straniero venga senza alcun costo veniva già stigmatizzata da Manzoni nell'Adelchi: «E il premio sperato sarebbe a quei forti, sarebbe, o delusi, rivolger le sorti di un volgo straniero por fine al dolor?» In questa contingenza l'Italia deve trovare una soluzione da sola. Se poi l'aiuto straniero viene, ben venga, ma almeno lo possiamo trattare da un punto di forza e non di debolezza.

Il nostro principale problema è un debito difficilmente sostenibile. È inutile che cerchiamo di scaricare la colpa sulla speculazione malvagia, il nostro è un problema reale. Con un tasso di interesse reale sul debito pubblico che si aggira intorno al 4% e un tasso di crescita vicino allo zero, noi abbiamo bisogno di un avanzo primario del 4,8% solo per non far esplodere il debito. Se poi volessimo ridurlo, dovremmo avere un avanzo primario ancora maggiore. Anche se il tasso di interesse reale si attestasse su livelli più normali (diciamo un 2% reale) l'avanzo primario dovrebbe essere del 2,4%. Per ottenere questo avanzo primario medio, il target deve essere almeno del 4%, per compensare i peggioramenti durante le recessioni. Possiamo credibilmente sostenere questo avanzo per i prossimi trent'anni? Ne dubito. E così ne dubita il mercato.

Certo la soluzione migliore sarebbe ricominciare a crescere. Questo risolverebbe tutti i nostri problemi. Ma dobbiamo tenere in conto che il declino di natalità e l'invecchiamento della popolazione creano un declino tendenziale del Pil di mezzo punto percentuale l'anno. Quindi per crescere all'1% dobbiamo avere un aumento della produttività del 1.5% l'anno, quando negli ultimo anni tale aumento è stato pari a zero.

Per recuperare la credibilità sul mercato esistono solo due vie. La prima è un piano di privatizzazioni massicce e di vendita o cartolarizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato che raccolga 400 miliardi e riduca il rapporto debito Pil sotto il 100%. Come già scritto più volte, questo piano avrebbe non solo benefici dal punto di vista fiscale, ma anche dal punto di vista della crescita. Tagliando il sottobosco politico e clientelare, reintrodurrebbe un po' di meritocrazia nel sistema. Il problema è che i tempi di attuazione non sono immediati e il mercato non sembra più fidarsi delle promesse future.

L'alternativa è un piano di ristrutturazione "volontaria" del debito. Quando le imprese non riescono a sostenere il proprio debito, lo ristrutturano. E quando la maggior parte del loro debito sono obbligazioni lo fanno attraverso delle offerte di scambio. Per riuscire, queste offerte devono promettere a chi scambia qualcosa in più in cambio di una riduzione del valore nominale del debito. In genere il qualcosa in più è una priorità nei pagamenti.

Lo stesso potrebbe fare l'Italia. Potrebbe offrire a chi scambia un debito emesso secondo la legge inglese e come tale non ridenominabile in lire in caso di fine dell'euro, con una priorità assoluta su un cespite delle entrate, diciamo il gettito dell' Iva. Queste condizioni renderebbero il debito emesso molto più garantito e quindi permetterebbero un tasso di interesse reale di gran lunga inferiore. Di fatto questo debito avrebbe priorità su quello esistente, rendendo molto pericoloso per gli attuali creditori non scambiare il loro debito con quello di nuova emissione. Per questo lo scambio potrebbe avvenire non alla pari: l'obiettivo (possibile) sarebbe di far scambiare vecchio debito del valore nominale 100 con nuovo debito col valore nominale di 83 centesimi. Questo basterebbe a ridurre il debito sul Pil al di sotto del 100% e metterebbe in sicurezza il paese da ogni crisi di fiducia derivanti da eventuali crolli di Grecia e Spagna.

Se nel 2010 la Grecia avesse fatto un'operazione simile si sarebbe risparmiata molte delle sofferenze attuali, facendo gravare parte del peso della ristrutturazione sui creditori esteri. Aspettando due anni e permettendo ai creditori esteri di rientrate dai loro investimenti, la Grecia oggi si trova in una situazione di gran lunga più complicata. Se l'Italia aspetta si troverà nella stessa situazione. A quel punto saremmo in balia degli eventi, potendo contare solo su di un salvataggio straniero. Come Manzoni e la storia ci insegnano, il gioco non vale la candela.

luigi@chicagobooth.edu

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