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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2012 alle ore 08:16.

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La rivoluzione pacifica che vorremmo nella Costituzione



Si parla di aprire una nuova fase costituente. Riscrivere quella Costituzione che fino a pochi anni fa era il massimo, fulgido esempio di perfezione, imitata da decine e decine di nazioni estere che la hanno presa come modello. Sorge il problema di chi scegliere per scrivere quella che dovrebbe essere la madre di tutte le leggi, renderla compatibile con la selva sterminata di leggi attualmente in vigore e che qualcuno ha solamente tentato di sfoltire. Se così non fosse ci sarebbero da riscrivere da zero tutti i codici, da quello civile a quello della strada passando per quello penale e quello tributario. Con le attuali competenze di chi ci governa si tratta di un'operazione al limite dell'umanamente possibile. Non vedo nessuno in grado di prendersi questo impegno e portarlo a termine. Non lo può fare Napolitano, la cucirebbe su misura addosso ai poteri forti. Non lo può fare Monti per i suoi evidenti conflitti di interessi che nessuno denuncia. Vedo difficoltà anche per Berlusconi, all'articolo 1 introdurrebbe la poligamia e la Chiesa non sarebbe d'accordo.
Pamela D'Aresti
A parte spiritosaggini e cadute di gusto in certi casi fuor di luogo, il tema è serio, tant'è vero che ci giriamo intorno dal 30 novembre 1983, quando si insediò la Prima commissione bicamerale, quella presieduta da Aldo Bozzi. Insomma, sono ormai trent'anni che cerchiamo di modificare la Costituzione, segno che proprio perfetta non la troviamo (o non la troviamo più). A me non lo sembra, soprattutto, per la torsione non liberale nel campo delle relazioni sociali ed economiche; e per la diffidenza (che poteva spiegarsi all'indomani del fascismo ma che non ha più ragione di esistere oggi) verso una chiara attribuzione di poteri decisionali, all'interno, naturalmente, del rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.
Chi può farsi artefice di quella che sarebbe una rivoluzione pacifica? Credo innanzi tutto occorra un cambiamento profondo nell'opinione pubblica che, anziché baloccarsi in sconclusionate e improduttive fughe nell'antipolitica, anticamera di populismi di ogni genere, dovrebbe manifestare la domanda per un sistema che consenta di decidere, di rinnovare la classe dirigente e di premiare la professionalità che deve esistere anche nella politica e nell'amministrazione della cosa pubblica. Quando quell'opinione pubblica ci ha provato sul serio, ha ottenuto anche dei successi: pensiamo per esempio all'impegno per ridurre drasticamente le preferenze. Senza quell'impegno, ogni tentativo di riforma sarà solo gestito dai partiti, con un occhio a mantenere i propri privilegi e a vincere le prossime elezioni, non certo a costruire un sistema che incentivi all'efficienza delle istituzioni e alla tutela degli interessi generali.
Parlamento e spending review
Spending review per mettere in ordine i conti pubblici dilapidati da una trentennale politica della spesa. Anche con Mario Monti siamo alle solite. Sacrifici per quasi tutti, ancora privilegi per i soliti noti: della casta non si parla più. Eppure la commissione Giovannini una cosa, peraltro scontata, l'aveva confermata: i nostri parlamentari sono i meglio pagati del Vecchio continente. Inoltre il Parlamento è un Bengodi per chi vi lavora: commessi, cuochi, camerieri. Il Parlamento che dovrebbe essere il presidio della democrazia e dell'uguaglianza è la sentina dell'ingiustizia.
Lettera firmata
Un museo per Caravaggio
Gli storici dell'arte invitato alla cautela ma la scoperta ha dell'incredibile. Fra Milano e la provincia di Bergamo sono stati trovati disegni e dipinti realizzati da Caravaggio quando era a bottega da Simone Peterzano, dal 1584 al 1588. Le opere, il cui valore stimato è di 700 milioni di euro, sono emerse grazie al lavoro di studio di un gruppo di esperti guidato da Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli. Mi chiedo se non sia il caso di pensare a un grande museo dedicato all'artista lombardo. Un museo che sia attrazione per turisti e studiosi di tutto il mondo, e diventi fulcro di quell'occupazione legata alla cultura di cui parla anche il Manifesto del Sole 24 Ore per una Costituente della cultura.
Lettera firmata
Bergamo

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