Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2012 alle ore 08:57.
L'ultima modifica è del 07 luglio 2012 alle ore 09:11.

My24

Le vicende europee continuano a migliorare nel peggiore dei modi possibili. Anche il Consiglio europeo dei giorni scorsi non ha cambiato questa trappola di psicologia politica. Ci sono stati avanzamenti sia nell'uso efficiente dei fondi di stabilità, sia nell'integrazione bancaria e fiscale. Ma sono così graduali da non disperdere l'incertezza di fondo che grava sui mercati finanziari. Questa incertezza frena in modo decisivo anche l'efficacia delle politiche economiche.

La reazione negativa dei mercati negli ultimi giorni deve molto al peggioramento delle previsioni di crescita in tutto il mondo. Europa e Stati Uniti cominciano ad avere dubbi sulle armi con cui cercano di governare in modo tradizionale le conseguenze della crisi globale che le affligge da anni. Ed è difficile essere ottimisti quando si è disarmati: dopo aver cercato di tenere sotto controllo il debito pubblico e di lasciare correre invece la politica monetaria, scoprono in queste settimane che il livello di sfiducia è talmente elevato da rendere inefficace questa ricetta di buon senso.

La disciplina fiscale è vissuta come una perdita di reddito immediata da parte dei cittadini spaventati. La crescita ne risente e il debito pubblico anzichè diminuire in rapporto al reddito di ogni paese, finisce per aumentare. La mancanza di domanda per consumi e investimenti rende inutile anche l'ampia offerta di credito e il basso livello del costo del denaro. Le due armi, disciplina fiscale e abbondanza di credito, sono spuntate quando il clima della sfiducia è tanto opprimente.

Il caso europeo è emblematico. Perchè il debito pubblico di un paese sia sostenibile, è necessario un differenziale positivo tra tasso di crescita e tasso d'interesse. Nei paesi in difficoltà la combinazione è perversa: la crescita è addirittura negativa e i tassi sono invece elevati. È abbastanza logico che ci sia sfiducia nella loro capacità di superare la crisi che rende incerta la sostenibilità dei loro debiti pubblici. Poichè però i mercati europei sono l'uno collegato all'altro, più di quanto non dicano le sole bilance dei pagamenti, la sfiducia in una parte dell'euroarea finisce per afferrare tutto il continente.

Se la ricetta convenzionale non funziona, ci vorrebbe qualche misura non convenzionale. La più semplificata è che la Banca centrale acquisti debito pubblico, ciò che le è vietato dai Trattati europei. La Bce potrebbe però farlo a fronte di un'integrazione fiscale dell'area euromolto pronunciata. Se esistesse un ministro delle Finanze unico per l'area euro, dotato di strumenti sanzionatori sotto il controllo del Parlamento europeo, la Bce in teoria potrebbe acquistare titoli del debito europeo in condizioni di eccezionale emergenza del mercato come quelli attuali. In cambio otterrebbe dall'euro-ministro e dal Parlamento europeo l'impegno a politiche di consolidamento fiscale sul medio termine. I due strumenti di politica economica – bilancio e politica monetaria – tornerebbero a sorreggersi vicendevolmente.

Ma l'avanzamento dell'integrazione fiscale tra i paesi dell'eurozona è troppo lento. Il trasferimento di sovranità e di controllo sui bilanci nazionali è solo un vago progetto.
Se la Germania lo sospinge, la Francia lo frena. In queste condizioni la Bce non può sentirsi legittimata a un cambiamento del suo mandato che le attribuisca compiti fiscali.
L'incertezza si autoalimenta. I mercati sono rimasti delusi ieri dal mancato annuncio da parte della Bce di misure non convenzionali di espansione del credito. Avrebbero voluto una riapertura delle immissioni di liquidità varate dal dicembre scorso.

In effetti Mario Draghi sa che la Bce ha già fornito abbondante liquidità al sistema dell'euro area, ma che - a causa ancora dell'incertezza - non c'è la domanda necessaria a trasformare la liquidità offerta alle banche in credito trasferito alle imprese e alle famiglie. Ha provato giovedì ad abbassare a zero la remunerazione della liquidità che le banche riparcheggiano alla Bce, sperando che invece lo prestino all'economia, ma ha egli stesso ammesso che è molto difficile prevedere in quale modo si comporteranno le banche.

Dunque siamo completamente disarmati? Dice il presidente della Bce che il punto di svolta dipende dal miglioramento nel «sentimento generale». Anche un banchiere può diventare sentimentale? Quello che intende è che è necessario ridurre l'incertezza nella crisi del debito sovrano dell'euroarea e migliorare la psicologia dei mercati finanziari. Per farlo c'erano due canali: aumentare i fondi di stabilità finanziaria o procedere all'unione fiscale. Il Consiglio del 28-29 giugno ha fatto timidi passi in entrambe le direzioni. Sembra irresistibile la regola secondo cui le cose debbano peggiorare per poter migliorare.

cbastasin@brookings.edu

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi