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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 08:08.

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Quando è nata, nell'immediato Dopoguerra, si chiamava Kreditanstalt fuer Wiederaufbau, la Banca della ricostruzione, e amministrava i fondi del piano Marshall. Oggi, è stata ribattezzata KfW Bankengruppe ed è uno dei primi tre gruppi bancari della Germania.

Una costante: nonostante sia posseduta all'80% della Repubblica federale e al 20% dagli Stati e svolga molti compiti normalmente appannaggio del settore pubblico, resta al di fuori del perimetro del bilancio federale. Attraverso la KfW, il Governo tedesco canalizza tutta una serie di operazioni che altrove figurerebbero nei conti dello Stato per cifre ingenti: l'attivo dell'istituto con sede a Francoforte ha sfiorato lo scorso anno i 500 miliardi di euro, più del doppio che all'inizio del decennio passato, anche per effetto del trasferimento sotto il suo ombrello di molte attività in precedenza di competenza dell'amministrazione pubblica, o di nuove attività, come quelle riguardanti la protezione ambientale. Nel 2011 la KfW ha avanzato prestiti per 70 miliardi di euro, con utile operativo di circa 2 miliardi: a titolo di confronto, si tratta di quasi il doppio di quelli approvati dalla Banca mondiale.

Quasi un terzo è andato appunto al settore ambientale. Nel 2010 aveva toccato gli 81,4 miliardi di euro, avendo fatto da veicolo al piano di stimolo all'economia per favorirne il recupero dopo la brusca contrazione dell'anno prima, che aveva sfiorato il 5%. Le politiche keynesiane, insomma, non dispiacciono neanche in Germania, a patto che si tengano fuori, almeno formalmente, dai conti pubblici.
Il raggio di operazioni è ampio, per un'istituzione che a ogni decennio di vita sembra aver aggiunto un nuovo mandato alla propria missione: dalla ricostruzione del 1949, si è passati al finanziamento delle piccole e medie imprese che resta tuttora uno dei principali filoni di attività. "Promozione interna" viene definita nei documenti ufficiali. Negli anni 60 è stata la volta dei finanziamenti all'export, nel decennio successivo del finanziamento delle infrastrutture per conto delle municipalità e delle altre amministrazioni locali, oltre che degli interventi nei Paesi in via di sviluppo, negli anni 90 di nuovo della ricostruzione, stavolta concentrata sull'ex Germania dell'est, dal 2000 in poi del finanziamento dell'innovazione, con un tocco "verde" soprattutto negli ultimi anni.

Queste restano le principali aree di intervento della KfW: piccole e medie imprese, infrastrutture locali e sociali, finanziamenti all'export e project financing, finanziamenti allo sviluppo, energia e ambiente.
La KfW si approvvigiona quasi esclusivamente sui mercati internazionali dei capitali, dove l'anno scorso ha realizzato emissioni per 79 miliardi di euro. La sua tripla A consente una raccolta a costi bassissimi. Un ulteriore sussidio governativo le consente di fare prestiti a tassi irrisori e ottenere una forte leva per i suoi interventi. La recente ricerca della sicurezza da parte degli investitori si è estesa dai titoli del debito pubblico tedesco a quelli delle agenzie. Nelle scadenze sotto un anno, anche il rendimento della KfW è oggi in territorio negativo e se la "fuga verso la qualità" dovesse continuare questa situazione potrebbe estendersi a scadenze più lunghe.

Alla KfW ammettono di essere beneficiari di questo stato di cose, ma qualcuno sui mercati comincia a interrogarsi sulla mancata remunerazione e l'interesse potrebbe spostarsi altrove. Finora, non ce ne sono segnali. Nell'elenco dei suoi compiti, la KfW lascia quasi a margine uno dei mandati in cui la Cassa depositi e prestiti la emula: quello di controllante di alcune delle più importanti partecipazioni pubbliche, in particolare il 30% di Deutsche Post e il 17% di Deutsche Telekom. Queste quote sono parcheggiate in attesa di privatizzazione, anche se non sembra esserci alcuna fretta. Di recente sono state scelte le banche consulenti per la cessione della partecipazione nella società postale e di logistica, ma per ora non si registrano progressi.

La marcia trionfale della KfW, che aveva cominciato con 1,4 miliardi di dollari del piano Marshall, non è stata peraltro priva di intoppi. Solo negli ultimi anni, c'è stato il salvataggio della Ikb, una delle prime istituzioni finanziarie a collassare a causa dei mutui subprime. La KfW che già ne deteneva il 30% ne ha rilevato il controllo totale, per poi cederla alla finanziaria Lone Star. E nel 2008 un'indagine europea sui sussidi incrociati ha costretto a separare in una società a parte l'attività di finanziamento all'export.

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