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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 08:07.

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Ci sono due modi legittimi per ridurre il debito pubblico lordo di un Paese: un avanzo di bilancio o una cessione di asset pubblici. C'è un terzo modo, che è però solo un inganno pericoloso: nascondere il debito fuori bilancio. Senza che nessuno ne parli, i Paesi europei stanno spesso utilizzando questa terza via.

In questi giorni è partita l'ennesima campagna di geremiadi contro la Germania: questa volta è colpa di quei fannulloni dei giudici costituzionali, che si prendono ben 50 giorni (incluse le ferie) per esaminare la costituzionalità del nuovo fondo salva-Stati, l'European stability mechanism (Esm). Ma perché tutta Europa è così ansiosa di sotterrare il vecchio fondo salva-Stati, l'European Financial Stability Mechanism (Efsf)? Dopotutto, e contrariamente alle prime impressioni, non c'è molta differenza fra i due fondi: possono prestare più o meno la stessa cifra, 500 miliardi, e più o meno alle stesse condizioni.
L'entusiasmo per l'Esm ha un altro motivo: esso consente di nascondere i costi dei salvataggi al contribuente europeo. Per prestare un miliardo alla Grecia, il vecchio fondo doveva indebitarsi per un miliardo, che veniva attribuito pro quota al debito pubblico di tutti i 17 membri. Se il fondo avesse prestato tutti i quasi 500 miliardi della sua capacità, il debito pubblico italiano sarebbe aumentato di 78 miliardi, circa il 5 percento del Pil.

L'Esm si finanzia invece con una dotazione di capitale di 700 miliardi. Ma la quota sottoscritta è molto modesta: 80 miliardi divisi tra 17 Paesi. Essa è però sufficiente perché l'Esm sia riconosciuto da Eurostat come un'"istituzione internazionale della UE" che può autonomamente indebitarsi ed erogare aiuti finanziari, incluse "linee di credito", proprio come una banca che fa leva sul capitale per moltiplicare attivi e passivi; il tutto senza aumentare il debito dei singoli paesi. I restanti 620 miliardi di capitale sono callable capital, che i Paesi possono essere chiamati a versare in caso di difficoltà nel rimborso dei prestiti; anch'essi, in quanto come passività "contingenti", non entrano nella definizione di debito pubblico. Infine, contrariamente a quanto si pensava qualche giorno fa, solo l'Esm potrà prestare direttamente alle banche, senza transitare dal debito pubblico del Paese debitore.

Il vero segreto dell'Esm è dunque che esso consentirà di fare gli stessi salvataggi di prima, ma senza pesare sui debiti pubblici dei Paesi prestatori e debitori, perché tutte le operazioni sono ora fuori bilancio. In realtà, per il contribuente europeo non cambia nulla. Esso rimane responsabile ultimo degli aiuti elargiti: se il Paese debitore non ripaga, ci rimette il contribuente europeo, esattamente come ora. Questo è un passo indietro pericoloso, perché si riduce la trasparenza e si genera l'illusione di poter ottenere qualcosa dal nulla.
Qualcosa di simile è avvenuto, su scala più piccola, in questi giorni in Italia. Il Ministero dell'Economia ha "dismesso" la Fintecna e la Sace, vendendole alla Cassa Depositi e Prestiti; il ricavato di 10 miliardi verrà usato per ridurre il debito pubblico. Ma la CdP è partecipatata per il 70% dal Ministero dell'Economia, e per il 30% dalle fondazioni bancarie, che sono formalmente enti di diritto privato ma in realtà, come sanno anche i sassi, sono controllate dal settore pubblico. Lo Stato ha dunque trasferito due società dalla sua mano destra alla sua mano sinistra, ma il debito pubblico scenderà, come d'incanto, di 10 miliardi.

Come è potuto avvenire? Semplicemente, perchè dal 2003 la CdP è una SpA e non fa più parte formlmente delle Amministrazioni pubbliche, di cui Eurostat calcola il debito pubblico che leggiamo ogni giorno sui giornali. Ma questa è solo una questione di definizioni. Nella sostanza, queste società rimangono pubbliche esattamente quanto prima, e le loro eventuali perdite stanno sulle spalle del contribuenete esattamente quanto prima. Il presidente di Cdp, Franco Bassanini, obietterebbe che «Cdp non usa risorse pubbliche. Impiega risorse private, i risparmi di 25 milioni di italiani»(vedi Il Sole 24 Ore del 15 luglio). Secondo questa logica, Intesa Sanpaolo non è dei suoi azionisti perchè usa i depositi dei suoi clienti per svolgere la sua attività. E poco consola che anche Francia e Germania abbiano le loro Cdp, e che siano meno capitalizzate e trasparenti della consorella italiana.

L'unico criterio sostanziale per stabilire se si è ridotto il debito pubblico è se si è ridotto il peso sulle spalle del copntribuente futuro. Le alchimie finanziarie, come sappiamo dalla crisi del 2008, nascondono i problemi temporaneamente ma alla lunga fanno solo danni.

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