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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2012 alle ore 08:06.
La lettera della Bce inviata al presidente del Consiglio italiano il 5 agosto 2011 merita di essere riletta. Ci aiuta a capire cosa è successo nell'ultimo anno, da allora in poi, e ci aiuta a capire la Bce di oggi.
Inizia infatti citando la discussione che il 4 agosto il Consiglio direttivo della Bce ha fatto della situazione del mercato dei nostri titoli di Stato e sottolinea che la gravità della situazione richiede interventi urgenti: da adottare subito con decreto legge e ratificare in Parlamento entro il successivo mese di settembre.
Non ricordo precedenti - in tempo di pace - in cui una simile drammatica urgenza sia stata autorevolmente rappresentata ad un Governo! A maggior ragione, se ricordiamo i contenuti dei provvedimenti richiesti, per i tre obiettivi: 1 aumentare la crescita potenziale; 2 rendere sostenibile la finanza pubblica; 3 garantire una pubblica amministrazione efficiente.
Si chiede al Governo ed al Parlamento italiano che in meno di due mesi sia deciso e avviato un insieme di riforme che da tanti anni molti hanno auspicato, ma nessuno ha mai saputo o voluto fare. Quando la Bce il successivo 7 agosto annuncia che acquisterà nostri titoli di Stato, il contenuto della lettera è già noto ai mercati:
1 Per aumentare il potenziale di crescita dell'economia, si deve aumentare la concorrenza, in tutti i suoi aspetti: servizi pubblici e privati, con liberalizzazioni e privatizzazioni; contrattazione salariale a livello di impresa; politiche attive del lavoro ed assicurazione della disoccupazione. Evidente la diagnosi sulla mancata crescita italiana: va recuperata migliorando la concorrenza che è la qualità essenziale di una economia di mercato.
2 Per rendere sostenibile la finanza pubblica, serve: il bilancio in pareggio, entro il 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. Sono possibili risparmi, già nel 2012, per le pensioni, riducendo quelle di anzianità e allinenando l'età di ritiro delle donne nel privato a quanto già fatto nel pubblico. Dovrebbe essere ridotto in modo significativo il costo del pubblico impiego, diminuendo il turnover e, se necessario, tagliando gli stipendi. Inoltre, andrebbero controllati sia la spesa sia l'indebitamento dei governi locali. Infine, ogni imprevisto maggior deficit deve essere automaticamente corretto da tagli di spesa pubblica discrezionale.
3 Per avere un'amministrazione pubblica più efficiente, se ne deve valutare in modo sistematico la performance. Dovranno essere abolite o accorpate entità amministrative intermedie, come le Province. Nei servizi pubblici locali, dovranno essere sfruttate le economie di scala.
L'anniversario di domenica si presta a due principali riflessioni su quanto di quella diagnosi sia ancora oggi condivisibile e quanto di quelle ricette sia già stato deciso e avviato a realizzazione. Per il primo aspetto, non sembra che nell'anno trascorso siano emersi obiettivi alternativi. Il consenso popolare sulla necessità di uscire dalla crisi, con più crescita, finanze pubbliche equilibrate e un'amministrazione efficiente è semmai aumentato. Pare si sia però ridotto il senso di drammatica urgenza che traspariva dalla lettera.
Diversa è la valutazione da fare sugli strumenti scelti per conseguire quegli obiettivi. Primo: più volte la lettera della Bce parla della necessità di riduzioni della spesa pubblica, mai di aumenti di tassazione. Ma finora si è visto il contrario: i tagli di spesa continuano ad essere promessi; le maggiori tasse sono già all'incasso. E pur avendone parlato, il Governo non ha osato procedere sulla strada del "patto con il contribuente": ogni euro recuperato dall'evasione servirà a ridurre le tasse.
Secondo: la strada maestra per aumentare innovazione e competitività - e quindi la crescita - è l'intensità e la qualità della concorrenza. Ma di questo c'è ancora troppo poco nel "decreto sviluppo". D'altra parte, come si è visto in questo difficile anno, la pagella misurata dagli spread non riguarda solo l'emergenza deficit-debito pubblico, ma anche la crescita.
Terzo: la stessa "spending review" presuppone una capacità di gestione che è ben piu' ampia di quanto possa fare, per quanto bravo, un commissario straordinario. Altrimenti, non si affronta mai quello che tanti studiosi (incluso Giarda, allora non ancora Ministro) hanno giudicato il principale problema della nostra amministrazione. Produce beni pubblici in modo molto più costoso dei privati: un eccesso del 40%, che si è cumulato negli ultimi 40 anni, in un settore immobile, dove gli stipendi aumentavano nonostante mancassero guadagni di efficienza e produttività.
In conclusione, chi rilegge la lettera Trichet-Draghi di un anno fa, non ha il minimo dubbio sulla continuità di una linea strategica che già vent'anni fa con Delors e Padoa Schioppa definiva l'euro una condizione per una maggior crescita comune. Di qui l'impegno - ribadito anche ieri dal Consiglio direttivo della Bce, e non solo da Draghi - a «mantenere integra la moneta comune», auspicando che anche i Governi si ricordino i loro doveri.
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