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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2012 alle ore 07:40.
L'ultima modifica è del 05 agosto 2012 alle ore 14:31.

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L'impegno antimafia di Assolombarda ha tre parole chiave: legalità, imprenditorialità, efficacia. Legalità, e cioè profondo rispetto delle istituzioni e delle regole, senso civile di appartenenza alla comunità ma anche cornice indispensabile perché le culture e le pratiche della competizione di mercato e della valorizzazione del merito possano produrre ricchezza e sviluppo. Imprenditorialità, e cioè processo creativo di valore, intraprendenza, innovazione, cambiamento. Ed efficacia, nel sostegno sia della promozione dell'impresa sia della repressione dei fenomeni che distorcono la concorrenza e le libertà per mano della criminalità organizzata.

"La mafia dà pane e morte", diceva il titolo della prima grande inchiesta antimafia condotta, nel 1958, da un coraggioso giornale siciliano, L'Ora. Quattro soldi per un pane stentato, precario, di persone umiliate dal "caporalato" del lavoro irregolare. E morte diffusa. Né sviluppo economico duraturo, né dignità sociale. Nel tempo, è cresciuta la consapevolezza, in tutto il Paese, che mafia, camorra e 'ndrangheta siano tra i principali avversari dell'equilibrata e sostenibile crescita economica, un ostacolo agli investimenti, interni e internazionali. E che l'aumentata presenza di quelle organizzazioni criminali anche nelle aree del Nord rappresenti un grave pericolo per imprese e società civile. Impegno antimafia netto, dunque, proprio in una Milano metropoli che è cardine dell'economia italiana in chiave europea. Ne sono riprova la firma del protocollo di legalità da parte di Assolombarda, l'adozione (prima grande associazione territoriale di Confindustria a farlo, dopo l'organizzazione della Sicilia) di un severo codice di azione nei confronti di imprese coinvolte in legami mafiosi e la scelta di essere protagonista nella costruzione di un programma di formazione di manager che possano collaborare con l'Agenzia per i beni confiscati alla mafia e gestire eventualmente le imprese ex mafiose secondo regole e logiche di mercato.

Un programma impegnativo, questo. Nato nel 2011, messo a punto con la collaborazione tra Assolombarda, Fondirigenti, Aldai, l'Istud e le università Bocconi di Milano e Luiss di Roma, è stato avviato nei mesi scorsi. I 64 manager partecipanti (selezionati tra oltre 260 domande di ammissione ai corsi) hanno come obiettivo la comprensione di tutti gli aspetti legati al fenomeno dell'impresa mafiosa, ma anche la definizione di iniziative e scelte per verificare quali, tra le imprese confiscate, possano essere riorganizzate, risanate e rilanciate secondo criteri di mercato e quali invece vadano chiuse, salvaguardandone e valorizzandone l'eventuale patrimonio, nell'interesse dello Stato. I corsi di formazione sono terminati a luglio: i manager sono pronti a impegnarsi sul campo, con attività di consulenza e di gestione diretta delle imprese.
Un compito da "civil servant", quello di Assolombarda e delle altre organizzazioni impegnate nel progetto. Con una doppia valenza. Economica, per non disperdere ricchezza e posti di lavoro. Ma anche simbolica, per dimostrare che sono la mano dello Stato, la legalità e la correttezza della gestione e della competizione regolare e non le pratiche illecite e violente delle cosche mafiose a produrre crescita per imprese, lavoratori, territori su cui le imprese insistono.

È l'impresa ben guidata e ben gestita, a essere agente di sviluppo. La mafia è il suo esatto contrario. L'assunzione di responsabilità di Assolombarda e delle altre organizzazioni intende contribuire a una sempre più efficace applicazione della legge Rognoni La Torre e delle norme successive su sequestro e confisca dei patrimoni mafiosi. A mettere a disposizione delle istituzioni, dall'Agenzia per i beni confiscati ai Tribunali, il proprio patrimonio di competenze imprenditoriali, manageriali, culturali per la gestione delle imprese, sia a Milano che, se necessario, nel resto d'Italia. A rafforzare tutti gli strumenti necessari per ostacolare la penetrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto dell'economia regolare.
Piena collaborazione con i ministeri degli Interni e di Grazia e giustizia e le loro strutture. E attività costante perché nella società si rafforzi la consapevolezza della necessità di evitare qualunque collaborazione, in qualsiasi forma, con imprese in sospetto di mafiosità e di alzare argini netti contro i rischi di una loro invadenza.
È una scelta civile, quella di Assolombarda. E di efficacia economica. Di responsabilità istituzionale. E di concreto intervento per la crescita equilibrata. Il pane mafioso non è accettabile attualità.

* Alberto Meomartini è presidente di Assolombarda e Antonio Calabrò è consigliere delegato per la Legalità e la cultura d'impresa

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