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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 14:02.

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N on sarà facile per la Spagna risanare i conti in un sistema dove la spesa è decentrata e la finanza regionale è parassitaria. A tema sono ora le spese folli delle Comunità autonome, che le hanno portare a livelli allarmanti di indebitamento e a crisi di liquidità. Tutto ciò interroga i processi di federalismo. Quello spagnolo sconta pesanti limiti, così come quello italiano nonostante qualche progresso.

La crisi, che porta i nodi al pettine, non intacca il federalismo in sé, ne scopre i difetti delle singole attuazioni. In Germania nessuno mette in discussione il modello federale, che è fattore di successo del sistema. Sul fenomeno servono spiegazioni (c'è chi chiama in causa le religioni: là funziona perché sono protestanti e quindi rigorosi, in Spagna e in Italia non funziona perché siamo invece cattolici). Non nascondiamoci dietro a un dito: ci sono problemi da affrontare e che dovrebbero rientrare nell'agenda della prossima legislatura. I modelli di federalismo si possono semplificare in competitivi e solidali. Il primo (ad esempio, Usa) si basa su forti poteri fiscali autonomi degli enti federati; il secondo si sviluppa principalmente su compartecipazioni ai tributi dello Stato centrale (ad esempio, Germania). Il rischio del secondo modello è creare un meccanismo finanziario di tipo parassitario, che non responsabilizza gli enti sub statali, cui pure è decentrata la quota principale di spending power. È quello che è avvenuto in Spagna e in parte in Italia, soprattutto in certe realtà territoriali.

In Germania non è successo grazie a un sistema che prevede regole costituzionali dettagliate (quindi non negoziabili) e soprattutto un vero senato federale - il Bundesrat, composto da delegati degli esecutivi regionali - funzionale a rendere i Länder corresponsabili (mettono la "faccia" sulle imposte statali) su tutte le decisioni finanziarie: tributi, perequazione, debito.
In Italia non è pensabile un sistema di federalismo competitivo all'americana, con forti poteri fiscali delle Regioni: spaccherebbe il Paese - poi, al di là delle opinioni, resta che i parlamentari del Sud, di qualsiasi schieramento, non lo voterebbero mai. L'unica soluzione per l'Italia è un federalismo solidale, che deve essere portato a compimento con un meccanismo di responsabilizzazione politica. Da questo punto di vista il modello di senato federale introdotto nel progetto di riforma costituzionale recentemente approvato è poco adeguato, perché più simile al senato federale americano che a quello tedesco.

La resistenza è nota: i riformatori coincidono con i riformati e molti senatori resistono a un'evoluzione tecnicamente necessaria che porterebbe alla scomparsa della propria poltrona. Se non si passa da questa porta stretta, il sistema italiano difficilmente riuscirà a funzionare.
La spesa pubblica è stata decentrata per oltre il 60% a livelli sub statali non adeguatamente responsabilizzati e il centro governa il sistema con tagli e inseguimenti vari che rendono ingestibile un'efficace programmazione nel comparto dove si radica la maggior parte della spesa pubblica, anche di investimento. Altri aspetti andrebbero corretti, come le troppe competenze concorrenti (la Germania le ha ridotte) che intasano la Corte costituzionale, con costi enormi per l'incertezza del diritto che genera (chi investe sulla base di una legge impugnata?), o come il nodo dell'insoluta opzione tra municipalismo e regionalismo.

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