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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2012 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2012 alle ore 08:35.

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La contesa Apple-Samsung sugli smartphone, la riconquista da parte della Ibm del primato mondiale nel settore dei supercomputer sui giapponesi della Fujitsu, che a loro volta avevano retrocesso i cinesi della Nudt, induce a riflettere su come l'Europa, dopo il secondo conflitto mondiale, abbia perso man mano terreno nei confronti degli Stati Uniti e del Giappone, e oggi anche della Cina in alcuni settori d'avanguardia. Se la Russia, da cui già si dipende per l'energia, arriverà a possedere una Silicon Valley a Skolkovo, la stretta sul l'Europa sarà ancora più forte.
In tal senso la vicenda dell'elettronica è significativa. L'odierna tecnologia dei computer si evolse negli Stati Uniti da alcuni progetti del tempo di guerra, per soddisfare esigenze militari molto specifiche come l'esecuzione di complessi calcoli balistici. La Ibm riuscì in pochi anni a raggiungere una posizione di leadership. Eppure fra i suoi competitor vi erano autentici colossi come la General Electric, che vantava un background industriale di primordine nelle apparecchiature elettriche, ma aveva atteso fino agli anni Sessanta per entrare nella produzione di computer per le aziende. Nel 1964 la G.E. acquisì la divisione elettronica dell'Olivetti in Italia e in Francia la Compagnie de Machines Bull, e ciò proprio con l'obiettivo di sfidare la Ibm sul Mercato comune europeo. Tuttavia la G.E., che possedeva gli svantaggi di una conglomerata, rinunciò alla competizione liquidando, nel 1970, il business nei computer e cedendolo alla Honeywell.

Con la rivoluzione dei microprocessori e il personal computer l'industria americana cambia ruolo, rivelando l'esistenza di un mercato di massa che venne occupato da Ibm e quindi da Microsoft e Apple. Fra gli anni Settanta e Ottanta i giapponesi divennero i concorrenti più seri per gli americani nei mainframe, ma dovettero cedere il primato quasi acquisito con la nascita del mercato domestico e per uso individuale dei computer. Invece l'Europa non riuscì a tenere il passo anche se l'Olivetti, grazie a un accordo con AT&T, conservò una buona posizione di mercato per alcuni anni.
Intanto, naufragavano sia i propositi della signora Thatcher che i progetti di Mitterand per creare un'industria nazionale dei computer. L'unica reazione europea di qualche consistenza era stato l'accordo Unidata fra la tedesca Siemens, la Philips olandese e la CII francese che, tuttavia, si era concluso nel 1975. Per parte sua, Siemens continuò a contare sulle imprese giapponesi per acquisire conoscenze e tecniche per i nuovi prodotti; ma non fu capace di attrarre un clutch di imprese di nicchia come avvenne nell'area di Tokyo-Osaka in Giappone e nella Silicon Valley negli Stati Uniti. Così, nel 1999 Siemens finì alleata con la Fujitsu. Da quella data, l'ultimo grande produttore di computer del Vecchio Continente non fu altro che una parte delle attività europee della giapponese Fujitsu. Ormai l'Europa non aveva più le basi di apprendimento necessarie per mettere in commercio nuovi sistemi di computer.

D'altra parte, le imprese americane che erano entrate con successo nel comparto dei grandi calcolatori dopo la guerra avevano tratto vantaggio da interessi specifici nel settore nucleare e della difesa. Mentre quelle giapponesi, a differenza di quanto avvenne in Francia e Gran Bretagna, avevano potuto contare su progetti governativi che agevolarono i processi di apprendimento integrati fra le aziende utili per competere sul mercato internazionale.
La privatizzazione di Internet e il divieto all'utilizzo commerciale hanno concorso a costruire l'infrastruttura del nuovo secolo. Le nuove imprese hi-tech e le core company nel settore dei supercomputer stanno emergendo in Cina, mentre la Russia si prepara alla sfida con massicci investimenti. Il costoso accordo raggiunto da Apple per l'utilizzo del brand IPad sul mercato del Dragone mostra che il confronto continua sui prodotti di massa. L'influenza che gli Stati Uniti eserciteranno negli anni a venire sarà meno ampia di quella avuta in passato perché il peso relativo della economia americana si sta riducendo rispetto a quello cinese. Per questo è tanto più importante che l'Europa ampli la piattaforma dei propri investimenti high-tech.

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