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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 09:20.
Ha guardato in faccia la morte, quando ha scoperto di avere il cancro a 25 anni, e si è rimesso in sella per vincere sette Tour de France consecutivi. Ma ora Lance Armstrong ha detto basta. Basta dover chiarire che lui non ha assunto sostanze dopanti, basta dover essere inseguito dai fantasmi, dai sospetti, dalle voci.
Lui, fisico nato per lo sport (il suo cuore sotto sforzo arriva a 200 battiti), atleta pop come pochi, maniaco integrale, collezionista di donne bellissime e di prime pagine, chiude nel modo più amaro una carriera fulgida: ma fu vera gloria? Dubbi, voci, come un ronzio. E allora? Ci sta che si ritiri, ci sta che gli siano revocati quei sette Tour, ma gli appassionati che lo hanno seguito perché solo ora, dopo una decina d'anni, devono sapere che hanno assistito a una messa in scena? Se doping è, ditecelo subito, almeno non ci illudiamo. Poi, se anche il texano ha vinto con la chimica, un merito glielo riconosciamo, e per sempre: con la Lance Armstrong Foundation ha dato forza a milioni di malati di cancro. Altre voci. Di speranza e vita.
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