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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2012 alle ore 07:45.

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Primo verdetto: la Juve va di corsa Ad inseguire è il Centro-Sud (Lapresse)Primo verdetto: la Juve va di corsa Ad inseguire è il Centro-Sud (Lapresse)

Primo break di campionato, prima pausa di riflessione. Se ne farebbe a meno volentieri per via che "non si interrompe un'emozione", a maggior ragione dopo aver fatto una certa fatica a ricrearla. Ma si sa che le Nazionali hanno le loro esigenze, così come le loro invadenze: e una riforma moderna e razionale dei calendari chissà se e quando si arriverà.

Due giornate, venti partite, una sola, vera sorpresa: la sconfitta del Milan in avvio con la Sampdoria. Il resto è in linea con le attese della vigilia, non solo dal punto di vista dei risultati ma anche dei contenuti. La Juventus per esempio ha ricominciato esattamente come aveva finito lo scorso mese di maggio. Anzi, in maniera persino più perentoria, perché ha potenziato il motore con i cavalli di Asamoah proprio dove lo scorso anno ogni tanto perdeva colpi. Ed ha arricchito la varietà di soluzioni offensive con il talento di Giovinco. Era la squadra da battere quando il gran premio è partito. A maggior ragione lo è rimasta al momento di questo primo pit stop.
Si pensava inoltre che a competere sarebbero state le squadre del centrosud più delle milanesi. E anche qui il campo ha dato per ora ragione ai pronostici, confermandoli anche dal punto di vista delle rispettive caratteristiche. La Lazio solida, concreta, poco appariscente, disposta ai fischi pur di non perdere di vista il risultato. La Roma esattamente al contrario, con squarci di grande bellezza e i pericoli che ne conseguono quando il singolo sbaglia la giocata rischiosa, il Napoli più o meno a metà strada, nel senso che la squadra è più pragmatica che spettacolare ma sia Cavani che Hamsik hanno il colpo del campione.

La Roma per la verità ha due punti di meno, lasciati al Catania: squadra peraltro in grado anche quest'anno di dar fastidio a chiunque. Ma è quella che ha regalato le suggestioni più forti, grazie ad un modulo che sembra mettere i giocatori nelle condizioni di dare il meglio di sé. Osvaldo ha segnato due gol di rara bellezza, e regalato a Marquinho un assist d'esterno di cui non lo si riteneva capace. Al contrario di Totti, i cui assist sono normali per un giocatore del suo talento: mentre non è normale vederlo correre e rientrare a 36 anni come ai tempi, guarda un po', del primo Zeman. In mezzo al campo impazzano due ragazzini, un altro, Nico Lopez, che aveva segnato uno splendido gol all'esordio, a San Siro non era nemmeno in panchina. Escono uno dopo l'altro De Rossi e Balzaretti, non proprio due qualunque, e nessuno fa una piega. Se Burdisso e Castan riescono, come contro l'Inter, a rassodare una difesa esposta a tratti ai quattro venti, questa Roma che non ha coppe da disputare proprio come la Juve di un anno fa può andar lontano. Molto lontano.

Dove non è detto riescano ad arrivare le due milanesi. L'Inter dà una sensazione di lavori in corso che il campionato non contempla. I nuovi non sembrano male, a cominciare da Guarin che ogni tanto esagera ma si fa sentire in tutte le zone del campo. Sono i combattenti e reduci il problema, sia di lungo che di breve corso. A cominciare da Zanetti per finire con Ranocchia, passando magari per Snejider. Rivista nottetempo a mente fredda, l'ultima mezzora di Inter-Roma mi è sembrata la sfida impari tra una squadra che lievita dalla voglia di cominciare un'avventura e un'altra che sa di averla già vissuta e dubita di riuscire un giorno a replicarla. Il Milan ha reagito alla sberla iniziale, e non è poco. Ma una vittoria costruita su due regali, il primo di un arbitro in grave involuzione tecnica come Tagliavento, il secondo del portiere bolognese, va presa comunque con beneficio d'inventario. Il fatto poi che sia ricominciata la serie di infortuni, anche muscolari, non può che aggiungere altri motivi di perplessità su di una squadra, sarà bene ricordarlo, che dalla sera alla mattina ha perso con Ibrahimovic e Thiago Silva una buona metà della sua caratura tecnica. Su di loro, e sugli ultimi fuochi di Nesta e magari anche di Seedorf, Allegri aveva costruito un Milan che adesso è costretto a reinventare con interpreti assai più modesti.

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