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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2012 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 06 settembre 2012 alle ore 08:33.

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Neanche i Bund sono immuni dal contagio della crisi del debito sovrano europeo. E anche per i titoli di Stato tedeschi decennali, la roccaforte dell'eurozona, un'asta può andar male. È accaduto ieri, in maniera eclatante: la quota ritenuta dalla Bundesbank, pari al 27,8%, è la più alta di tutto l'anno e l'asta di conseguenza è stata marchiata come la peggiore del 2012.
Si dirà che non è la prima volta, ma anzi, che la Bundesbank è solita sottoscrivere una fetta più o meno consistente delle aste, per poi rivendere i titoli sul secondario. Ma la scarsa domanda per i superBund decennali, con rendimento tirato ieri all'1,42%, è l'ennesima prova delle anomalie destabilizzanti dell'Unione monetaria europea.

I titoli di Stato tedeschi a breve termine sono ancora acquistati senza riserve dagli investitori non residenti, soprattutto gli asiatici, che li utilizzano per alimentare in maniera molto prudente e anche molto costosa la propria esposizione all'euro: la scorsa settimana i BuBill hanno continuato ad essere collocati a rendimenti negativi. I titoli di Stato tedeschi a più lunga scadenza attingono per contro a un bacino prevalentemente domestico: i fondi pensione, le compagnie di assicurazione e i fondi comuni tedeschi potrebbero aver raggiunto il limite della sopportazione per rendimenti talmente bassi che alla distanza si ripercuoteranno negativamente su pensionati, assicurati e risparmiatori. Ieri il Bund è stato assegnato in asta all'1,42%, allo stesso rendimento dell'emissione di agosto sebbene in risalita rispetto all'1,31% di luglio: nei giorni scorsi altri Stati "core" europei hanno venduto titoli a medio-lungo termine, a rendimenti più appetibili di quelli tedeschi.

I Bund a prezzi stracciati sono andati a ruba nel mondo intero godendo dello status di "bene rifugio". Ieri, alla vigilia di un Consiglio direttivo della Bce che potrebbe definitivamente blindare la sopravvivenza dell'euro, la magra remunerazione dei titoli tedeschi - inchiodata sui livelli di agosto - è suonata come una nota stonata, mentre i tassi dei BTp e Bonos battevano la ritirata. Il lido sicuro tedesco è ora eccessivamente caro.
La fredda accoglienza riservata ai Bund è un indicatore scomodo per la Germania anche per un altro motivo. Non aiutare gli Stati deboli in difficoltà mina la tenuta dell'Unione monetaria europea, il cui crollo è destinato ad avere ripercussioni disastrose per la locomotiva europea. La volatilità che percuote il mercato dei titoli di Stato nell'Eurozona - e lo ha fatto anche ieri - è il frutto avvelenato dell'incertezza del processo decisionale europeo, dominato da una Germania che fa un passo avanti per poi farne subito dopo uno indietro.

Il portentoso rally sui Bonos e sui BTp, in vista del Consiglio direttivo della Bce di oggi, è alimentato dalla voglia quasi sfrenata dei mercati di vedere un'uscita alla fine del tunnel, sia pur lontana. Il freno agli entusiasmi facili invece lo tiene tirato dove e come può la Germania: l'ostacolo più ostico alle nuove misure straordinarie studiate dalla Bce per ripristinare il buon funzionamento della politica monetaria e preservare l'euro è rappresentato dalla Bundesbank. E il futuro del fondo di stabilità permanente Esm è mantenuto in sospeso dalla Corte costituzionale tedesca, che pur concedendo il disco verde potrebbe cingerlo con una fitta rete di lacci e lacciuoli.
In Germania vi sarà anche chi spiegherà l'asta andata a male dei Bund in altri termini, additando il crescente peso che potrebbe gravare sul rischio sovrano tedesco nel momento in cui Spagna e Italia dovessero chiedere aiuto all'Efsf/Esm: una chiave di lettura che però perde di vista il traguardo e la luce finale per la stessa Germania, che è l'Unione fiscale, politica, economica e monetaria europea.

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