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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2012 alle ore 08:04.

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L'accusa di tangenti a Wang Lijun, già braccio destro dell'ex leader di Chongqing Bo Xilai, aggiunge un tassello per comprendere la lotta di potere che si svolge in questi giorni in Cina, in vista del XVIII Congresso del Partito comunista. Allo stato delle indagini non si sa se Wang - una sorta di celeberrimo superpoliziotto cinese - sia da considerarsi complice di Bo (e dunque sia stato punito per questa vicinanza) o sia piuttosto una gola profonda che ha contribuito alla condanna della moglie del leader, Gu Kailai. Un fatto è certo: dalla volata in vista del Congresso scompare definitivamente il gruppo dei "maoisti", fautori di un ritorno all'economia di Stato e ostili all'impresa privata.

Il Congresso (si sa che avverrà in ottobre, non si conosce la data esatta) sarà il luogo per decifrare la strada che il sistema cinese prenderà nei prossimi anni. Un evento tanto difficile da decriptare quanto nodale per il futuro della seconda economia mondiale. La Cina è un sistema semi-capitalista e semi-imperiale. È un Paese che nel mezzo della più grave recessione mondiale del Dopoguerra fa segnare tassi di crescita del 9,3%. Ma è soprattutto un sistema politico che ha bisogno di "riforme" che ne concludano l'infinita transizione.

La fine politica di Bo Xilai esclude una delle opzioni sul tavolo. Resta da capire quale tra le alternative prevarrà al Congresso. I giochi per le due poltrone più alte sono già fatti: Xi Jinping sostituirà Hu Jintao alla segreteria del Partito e alla presidenza del Paese; Li Keqiang raccoglierà da Wen Jiabao il testimone di premier. Ma per gli altri 7 posti del comitato permanente del Politburo la partita sembra ancora aperta. E tutta da seguire fin da subito.

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