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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2012 alle ore 08:29.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2012 alle ore 08:53.

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Nei migliori romanzi d'avventura o nei giochi dei ragazzi una caccia al tesoro è un'esperienza molto coinvolgente, tutta entusiasmo e voglia di fare. E pensare che si tratta di soldi virtuali, inesistenti. Ora si dà il caso – come dimostra l'ultima rilevazione effettuata dalla Ragioneria dello Stato aggiornata a fine giugno (vedi servizi a pagina 7) – che il nostro Paese, senza dover cercare mappe o imbarcarsi in avventure ricche di colpi di scena, si trovi seduto sopra un forziere, ancora da aprire, da 43,5 miliardi. Soldi veri.

È il "tesoro" dei fondi strutturali che vanno spesi da qui alla fine del 2015. Insomma, a diciotto mesi dalla scadenza del pacchetto 2007-2013, su una dote complessiva di oltre 59 miliardi l'Italia ne ha utilizzati appena un quarto. Un'apatia imperdonabile, perché il tempo stringe: già si stanno programmando i fondi per il periodo 2014-2020, risorse preziosissime – in questi tempi di crisi – per rilanciare l'economia, i territori, le infrastrutture.

E allora, come ben suggerito dal cambio di passo invocato anche dal Governo, per l'Italia questa scadenza ha un po' il sapore dell'ultima chiamata: per non sprofondare conviene andare fino in fondo nell'uso dei fondi. Non è un gioco di parole. È il viatico per cominciare con il passo giusto a spendere il pacchetto successivo. Altrimenti il tesoro della Ue troverà altre "isole" e altri "cacciatori".

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