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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2012 alle ore 07:55.

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Romano Prodi ricorda con sincera nostalgia quando con «Alberto» divideva un appartamento da giovani leoni universitari, studiando l'impatto della "linea rossa" della metropolitana milanese sulle rendite immobiliari e quindi sull'imposta comunale di fabbricazione. Un economista a cosa serve se non aiuta a sciogliere i problemi quotidiani di una città, di un sistema-Paese, dell'economia globale? «La proposta degli "euro union bond" (vedi Il Sole 24 Ore del 23 agosto 2012, ndr) non è nata da una riflessione teorica - rammenta l'ex premier - ma da uno studio di Quadrio Curzio sul mercato dell'oro»: l'analisi economica non può mai prescindere dal riferimento applicativo.

Alla "festa accademica" per l'economista della Cattolica, 75enne, Prodi non rinuncia certo a qualche riferimento all'attualità, ma rispettando l'atmosfera dell'aula magna di Largo Gemelli. «Leggo che alcuni economisti giungono a teorizzare la decrescita come modello evolutivo», osserva. Ma cita subito Siro Lombardini: il maestro italiano dell'«economia sociale di mercato», riferimento di Prodi come di Quadrio Curzio, di Beniamino Andreatta come di intere generazioni di economisti - «liberal-sociali» in quanto cattolici - al lavoro fra Milano, Bologna e Roma: dagli anni '60 ad oggi. Lombardini, lascia intendere Prodi, non avrebbe mai accettato di ragionare di economia e politica se non in chiave di sviluppo, di crescita produttiva e promozione civile dell'Azienda-Italia. E Quadrio Curzio, nei ringraziamenti finali, cita non a caso gli illuministi lombardi del '700 (da Verri a Beccaria) come ispiratori spirituali di cinquant'anni di studi poi dipanatisi all'ombra vasta di magisteri intellettuali come quelli di Ezio Vanoni, Francesco Vito e Giorgio Fuà.

In platea - alla giornata di studi organizzata dalla Fondazione Centesimus Annus - non siedono solo professori e studenti. Ci sono Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo; Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e dell'Acri; Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria («Quadrio Curzio è uno dei massimi econmomisti industriali al mondo»); Gabriele Galateri di Genola, presidente delle Generali. La presentazione del volume «Economia come scienza sociale - Teoria, istituzioni, storia», edito dal Mulino in onore di Quadrio Curzio, fin dalle premesse è comunque qualcosa di più di un evento istituzionale.
Il ministro Lorenzo Ornaghi, rettore uscente della Cattolica, sale sul palco per ricordare quando Gianfranco Miglio lo affiancò a Quadrio Curzio per studiare le patologie della spesa pubblica, applicando la teoria economica della rendita sul terreno politologico: «Oggi li chiameremmo "costi della politica"», sottolinea, mentre nelle prime file siede Pietro Giarda, collega sia in ateneo che a Palazzo Chigi.

E' Luigi Pasinetti, esegeta di Pietro Sraffa e caposcuola fra Largo Gemelli e Cambridge, a consigliare la lettura dei 32 saggi offerti da allievi e colleghi dell'economista valtellinese. Il Quadrio Curzio-pensiero - nel volume curato da Gilberto Antonelli, Mario Maggioni, Giovanni Pegoretti, Fausta Pellizzari; Roberto Scazzieri e Roberto Zoboli - diventa occasione di sintesi di un set di visioni culturali che la Cattolica non si è mai stancata di rilanciare all'Italia repubblicana: l'economia come «scienza sociale», mai tecnicamente autonoma rispetto vita quotidiana delle persone e delle nazioni; la libertà individuale come barriera ai totalitarismi, ma senza abbandoni acritici al laissez-faire economico; l'Europa - in particolare le sue radici continentali - come matrice globale dell'economia sociale di mercato e del federalismo; la flessibilità export-oriented dell'impresa italiana; la dimensione «distrettuale» della produzione come fattore di creazione di valore nel medio-lungo periodo.

Il contributo di Marco Fortis - economista industriale alla facoltà di scienze politiche di cui Quadrio Curzio è stato a lungo preside - ripropone la forza competitiva delle «4A» (abbigliamento, arredo-casa, agroalimentare, automazione) nel sostenere strutturalmente la bilancia dei pagamenti dell'Azienda Italia. Aderendo all'analisi settoriale sviluppata dal proprio maestro, Fortis contrasta gli approcci «declinisti», identificando i limiti di un'analisi che non tiene sufficientemente conto dell'evoluzione dell'industria italiana verso produzioni a più alto valore aggiunto. L'attualità del «Made in Italy» è al centro anche del saggio di Massimiliano Mazzanti e Paolo Pini dedicato a un test empirico dell'economia manifatturiera in Emilia Romagna: l'analisi dinamica della produttività nel medio termine - secondo schemi propri delle dottrine di Quadrio Curzio - mettono in relazione positiva l'innovazione di processo e di business; la generazione di ricerca e sviluppo; le attività di networking inter-industriale. Su un versante diverso - ma all'interno di una visione unitaria da parte di Quadrio Curzio - Giovanni Marseguerra riassume i contributi dell'economista politica alla definzione di «capitale sociale» e le azioni economiche sul terreno della sussidiarietà.

Europeista tenace fin dall'originaria Cee a Sei, Quadrio Curzio non smette mai di guardare a un'Unione federalista sul piano fiscale (lo spiega l'articolo di Floriana Cerniglia); di indagarne le consonanze con la cultura cristiana (Simona Beretta), di monitorarne le crisi (patrizio Bianchi). Economista empirico in chiave storica, è instancabilmente curioso di comprendere le ciclicità sviluppo/sottosviluppo (Carlo Beretta). Economista «civile», non perde mai di vista i servizi pubblici (a questo suo interesse sono dedicati gli studi di Luigi Prosperetti e di Antonio Sassu e Sergio Lodde). Studioso dell'accelerazione tecnologica (Patrizia Fariselli ed Teodora, Erika Uberti) Quadrio Curzio resta - nel profilo introduttivo di Antonelli e Zoboli - una figura tutt'altro che comune di scienziato che rinuncia alla specializzazione sostenendo con lo spessore culturale la visione fondamentale dell'economista politico e sociale.

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