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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2012 alle ore 07:40.

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Per far ripartire l'Italia con le start up, come vuole il Ministro Passera, un messaggio forte viene del Canada. I canadesi non si accontentano del 14mo posto (28 posizioni sopra l'Italia) nella graduatoria mondiale della competitività e prendono l'ascensore delle start up innovative per salire più in alto. Lo fanno con un visto speciale concesso agli stranieri che immigrano nel paese per avviare un'attività imprenditoriale.

Col programma "Visa Start up" il governo canadese si propone di individuare, selezionare e accogliere «immigranti giovani, ambiziosi e innovativi che contribuiranno alla crescita dell'occupazione e daranno una spinta propulsiva all'economia canadese». L'identificazione dei candidati avverrà attraverso i fondi di venture capital ai quali sarò richiesto di investire nelle startup fondate dai candidati prescelti. Il programma partirà con 2750 visti rilasciati annualmente ai soggetti selezionati e ai loro familiari.
L'immigrazione è una ricca fonte d'imprenditorialità e la sua parte più istruita è all'origine di imprese altamente innovative, come dimostra la Silicon Valley dove un terzo delle start up è scaturito all'iniziativa di immigrati asiatici, anzitutto cinesi e indiani. Sono poi gli immigrati, asiatici in testa, che facilitano l'internazionalizzazione delle nuove imprese, sfruttando i 'bamboo network' - dense reti relazioni intrecciate nei paesi di origine dalle loro famiglie allargate.

Il governo indiano favorisce questi comportamenti concedendo la doppia cittadinanza ai cervelli in mobilità. Gli indiani istruiti vanno in America per approfondire i loro studi e poi tradurre il know-how acquisito in ambiziose applicazioni commerciali sia nel paese ospitante che in quello di provenienza. Le nuove sponde orientali infrante dalle onde del "mar dei talenti" si chiamano Bangalore, Pune e Hyderabad in India, Chongqing e Zhongguancun in Cina, Incheon e Daejeon in Corea. Nell'entroterra si trovano le città cosmopolitane di Mumbai, Shanghai, Pechino e Seoul.
Se il Novecento è stato il secolo della corsa ai pozzi di petrolio, questo primo scorcio del XXI secolo ha visto partire la corsa alle fonti del sapere che si coniuga con l'imprenditorialità. Con il Visa Start up si fa più agguerrita la competizione globale per attrarre talenti imprenditoriali nel proprio paese. È anzitutto ai cugini statunitensi che guarda il Canada.

I tanti brillanti stranieri che negli Stati Uniti sono impegnati nei settori ad alta tecnologia senza ottenere lo status di residenti potranno ora essere accolti dalla sponda canadese. A differenza della gara per il petrolio, questo nuovo gioco competitivo incoraggia la cooperazione tra paesi. Con l'apertura internazionale propria dei capitali di rischio, il legame stretto tra immigrati imprenditori e investitori canadesi crea un clima di competizione cooperativa (o "co-opetizione", come dicono in Asia) che favorisce la circolazione dei talenti. Questa, a sua volta, è una delle più ricche sorgenti d'imprenditorialità senza frontiere. Ecco perché il nostro Paese deve attrezzarsi per navigare lungo le nuove rotte imprenditoriali dove si scontrano e s'incontrano i fondatori d'impresa con un Dna globale che sfruttano i risultati di una scienza altrettanto globale.

L'andirivieni dei nomadi della conoscenza tra un punto e l'altro delle zone calde dell'innovazione è un'opportunità da non perdere. Un "Visa Start up Italia" permetterebbe al nostro Paese di navigare lungo la corrente dell'innovazione nel "mar dei talenti", con start up fondate grazie alla collaborazione tra giovani talenti italiani e immigrati.
piero.formica@gmail.com

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