Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 08:35.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2012 alle ore 10:24.

My24

Sono i dettagli a fare la differenza nella vita di un uomo. Tra i dettagli della vita di Piero Luigi Vigna, scomparso ieri a 79 anni nella sua Firenze, ce n'è uno che ha fatto la differenza rispetto a molti suoi colleghi: il desiderio di non smettere mai di imparare con umiltà.
Come dimostrò il 22 gennaio 1993, nell'audizione presso la Commissione parlamentare antimafia. «L'istituzione della Direzione distrettuale antimafia ha rivelato a noi, e a me per primo – disse - un mondo sconosciuto. Non vi era, insomma, l'idea di quello che poteva essere il collegamento e l'insediamento di cosche mafiose nella regione Toscana. Eppure, è bastato poco più di un anno di attività per avviare un complesso di indagini di grande rilevanza per disvelare almeno parte del mondo criminale fino ad allora sconosciuto». Proprio lui – prima di condurre dal 14 gennaio 1997 all'11 ottobre 2005 la Procura nazionale antimafia – per sei anni era stato a capo di quella di Firenze.

Vigna, entrato in magistratura a soli 26 anni, a 32, dopo l'esperienza come pretore a Borgo San Lorenzo e Milano, planò nelle stanze della Procura di Firenze da dove avrebbe affrontato alcune tra le pagine più tristi della Repubblica italiana: dal terrorismo nero a quello rosso, dai sequestri di persona dell'anonima sarda agli omicidi del cosiddetto mostro di Firenze, dalle stragi mafiose del ‘93 alle infiltrazioni di Cosa nostra.
L'approdo alla Procura nazionale antimafia fu uno sbocco naturale dopo che, fin dal 1984, in occasione della strage sul treno rapido «904», aveva cominciato a fare i conti con la criminalità organizzata. Con la nascita della Direzione distrettuale antimafia della Toscana, nel 1992, avviò numerose inchieste di livello nazionale su traffici di armi e fu proprio con Vigna che, lo stesso anno, Gaspare Mutolo, nel 1992, cominciò a collaborare con la giustizia.

Nel 2005, lasciata la Procura nazionale antimafia alla guida di Piero Grasso, non smise di sondare nuovi terreni di legalità. Uomo di diritto e di parola, era convinto che nelle tavole della legge o in quelle della deontologia si potessero scolpire le regole della buona condotta e della trasparenza.
Con Giovanni Fiandaca e Donato Masciandaro nel luglio 2008 diede vita a sette capitoli e 61 articoli che costituirono una rivoluzione per il mondo delle imprese. Quel lavoro era il “Codice antimafia”, una proposta di governance voluta da Italcementi che passa dalla selezione accurata dei dipendenti alla scelta dei fornitori e dei clienti, proseguendo con la tracciabilità dei sistemi di pagamento che, soltanto dopo, divenne tra i caposaldi della lotta al riciclaggio.

Nel gennaio 2009 la Regione Sicilia gli chiese di elaborare un codice antimafia e anticorruzione nella pubblica amministrazione. Vigna, appena sette mesi dopo, mise la Presidenza della Regione Sicilia in grado di approvare il testo, una sorta di codice comportamentale del pubblico dipendente, dove sono indicate alcune regole alle quali attenersi per il buon funzionamento dell'amministrazione e per garantire l'impermeabilità del sistema amministrativo ai fenomeni mafiosi e corruttivi. Ancora una volta, anche questo testo aveva a fondamento la trasparenza degli appalti, le procedure di aggiudicazione e la vigilanza.
Nel giugno 2011 accettò la presidenza onoraria dell'Osservatorio antimafia di San Marino. Come sempre affrontò di petto l'impegno, consapevole che avrebbe imparato qualcosa di nuovo per poi mettere al servizio le sue competenze. Per questo la politica e la società civile ieri, all'unisono, hanno pianto per la scomparsa di Vigna.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi