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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2012 alle ore 07:55.

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Mo Yan è il nuovo laureato con il premio Nobel per la letteratura e certamente il fatto ha sanato anche una grave lacuna nell'Albo d'Oro delle nazioni toccate dall'ambitissimo premio letterario al quale mancava la Cina. Una mossa politica o addirittura riparatrice? Assolutamente no, data l'indubbia eccellenza dello scrittore. Però nel 2000 il premio era andato a Gao Xingjian per La montagna dell'anima, pubblicata a Taiwan nel 1990.

Gao era esule in Francia dal 1987 e divenuto cittadino francese nel 1997 perciò il premio era stato dato a un cittadino francese, ma cinese di etnia, nascita, cultura e formazione il che in alcuni ambiti pechinesi era stato visto come una provocazione piuttosto che come un apprezzamento per la grandiosa letteratura nazionale.
E però il premio a Mo Yan non deve essere considerato altro da quello che è: il riconoscimento di un curriculum letterario di qualità straordinaria. Esso è poi arricchito da apprezzamenti nazionali e internazionali e da una significativa presenza nel cinema in collaborazione con grandi registi come Zhang Yimou o Chen Kaige.

Fu Sorgo rosso a portare Mo Yan sulla ribalta sia nazionale, dove fu pubblicato nel 1987, sia mondiale: uscì in inglese nel 1993 (in italiano nel 1994). La saga si svolge ambientata nel tormentato periodo che va dal crollo della repubblica e alla frammentazione del paese sotto i vari "Signori della guerra" e l'invasione giapponese negli anni dai venti ai quaranta fino alle soglie della Rivoluzione Culturale. È la narrazione di un giovane di provincia che racconta le grandezze e miserie del suo Paese attraverso la saga della famiglia e della sua fabbrica di acquavite. L'autore crea così anche l'occasione di rievocare storie e passioni, crudeltà e finezze nell'ambiente rurale da cui egli stesso proviene. Dalla parte iniziale del romanzo Zhang Yimou trasse un film che vinse l'Orso d'Oro al festival di Berlino nel 1988.

Da queste stesse profonde tradizioni popolari, dalla sua stessa cittadina natale di Gaomi nella provincia dello Shandong, dai sommovimenti legati alle pressioni stranieri, dal disfacimento dell'ultima dinastia imperiale dei mancesi Qing (1644-1911) dalla sommossa xenofoba dei Boxer spenta nel sangue dagli eserciti internazionali, Mo Yan si spinge a riscoprire antichi valori e ne rinnova lo spirito con Il supplizio del legno di sandalo. Con l'incontro-scontro orribile e grandioso di un boia alla sua ultima esecuzione e della vittima al suo ultimo canto come una sfida oltre la vita. Lungo questa linea artistica della tradizione, decadente, ma sempre viva nel profondo, degli anni della trasformazione moderna della Cina è stata la sua sceneggiatura di un capolavoro assoluto Addio mia concubina di Chen Kaige del 1993.

Mo in Cina ha già vinto ogni premio, l'ultimo, assai prestigioso e difficile anche perché quadriennale e intitolato al grande letterato Mao Dun (1896-1981), l'anno passato. A Mo viene rimproverata da alcuni scrittori cinesi la posizione tiepida nei confronti del regime come dimostrerebbe anche la scelta dello pseudonimo: "non parlare!", (mo yan) invece dell'anagrafico Guan Moye.
All'Italia mostra particolare affezione essendo parecchi dei sui libri già stati pubblicati in traduzione dall'originale presso Einaudi e avendo nel 2005 ricevuto un importante premio internazionale, il Nonino. Piace sottolineare che oltre ad aver partecipano al salone di Torino si sia anche recato all'università Kore di Enna come ospite di seminari di letteratura cinese con gli studenti coordinati nel 2007 da Stefania Stafutti, neo-direttore dell'Istituto Italiano di Cultura a Pechino.

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