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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2012 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 16 ottobre 2012 alle ore 07:36.
I lampi che accendono i nazionalismi europei, dal mezzogiorno catalano al settentrione scozzese, passando per le scalpitanti Fiandre pongono un dilemma. Piccolo è bello? Anzi, piccolo è possibile? Barcellona contesta Madrid senza il timore di mostrare la mano tesa, la Scozia immagina d'essere un Texas fra highlands e lowlands, apparentemente inconsapevole di riserve che calano e di un contenzioso con Londra sui diritti del greggio.
I rigurgiti nazionalisti innescati da una crisi che spinge tanti a ripiegarsi su sé stessi, tracciano come mai destini incerti. Lo strappo di Edimburgo è il più radicale. Il referendum per la piena indipendenza della Scozia è da ieri realtà: entro il 2014 cittadini oltre il Vallo andranno al voto per staccarsi dal Regno Unito. I sondaggi dicono che perderanno.
In realtà sarà la dinamica della crisi, con le grandi suggestioni che innesca, a determinare un esito destinato, forse, a farsi incerto. Se s'aggraverà - e a Londra le finanze sono in crisi - il nazionalismo avrà una chance. Che non significa, in questo caso, opportunità per gli scozzesi.
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