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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2012 alle ore 07:40.

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A circa due settimane dalle elezioni americane è tempo di pensare seriamente a che cosa fare dopo il voto per risolvere i gravi problemi di bilancio della nazione. A prescindere da chi vincerà, il problema dev'essere affrontato: non si può più rimandare.

L'attenzione in America è giustamente concentrata sull'incombente "fiscal cliff", il momento fatidico in cui scadranno, a inizio 2013 e con l'attuale Parlamento ancora in carica, tutti gli sgravi fiscali, sia quelli promulgati da Bush che quelli messi in campo da Obama, e saliranno di conseguenza quasi tutte le aliquote, succhiando dalle tasche di famiglie e imprese oltre il 3% del Pil. E un altro 1% di Pil (e percentuali analoghe negli anni a venire) verrà meno per effetto dei tagli automatici alla spesa pubblica destinata alla difesa e ad altri programmi. L'Ufficio bilancio del Congresso lancia l'allarme sul rischio che il "fiscal cliff", se non si prenderanno provvedimenti, possa far precipitare l'economia americana in una recessione grave nel corso del prossimo anno.

Anche se nessuno può sapere con certezza come verrà risolto questo complesso problema, la mia previsione è che subito dopo le elezioni il Congresso degli Stati Uniti voterà per posticipare il "fiscal cliff" di sei mesi o giù di lì, in modo da lasciare il tempo per trovare una soluzione legislativa accettabile. Questa soluzione includerà un rallentamento della crescita delle indennità pensionistiche per i futuri pensionati a medio e alto reddito. Mitt Romney, il candidato repubblicano, lo ha proposto esplicitamente e il presidente Barack Obama si era detto favorevole a un approccio di questo genere nel 2009, prima di rivolgere la sua attenzione alla riforma sanitaria.
Il problema più difficile sarà trovare il modo per incrementare le entrate. Bisognerà puntare sulle tante agevolazioni del regime tributario che equivalgono a spesa pubblica. Se compro un'auto ibrida, se installo un pannello solare sul tetto di casa mia o se passo a una caldaia più efficiente, ottengo uno sgravio fiscale. E se compro una casa più grande o semplicemente aumento il mutuo, ricevo in cambio una deduzione maggiore, che riduce il mio reddito imponibile e mi fa pagare meno tasse. In tutti questi casi lo Stato non ci dà direttamente denaro, ma le agevolazioni fiscali mirate sono "spesa pubblica" esattamente come se ricevessimo un assegno dal Governo.

Queste voci sono giustamente chiamate tax expenditures (spese fiscali) perché designano quella parte di spesa pubblica che passa attraverso le norme tributarie. Una loro eliminazione o riduzione dev'essere vista quindi come un taglio della spesa: l'effetto è quello di aumentare gli introiti, ma è solo una convenzione contabile; l'effetto economico di fondo è una riduzione della spesa pubblica.
Il segreto per aumentare gli introiti quindi è limitare queste agevolazioni, usare una parte del gettito risultante per ridurre le aliquote e destinare il resto alla riduzione dei disavanzi futuri. Il problema politico è che ogni agevolazione fiscale - la deduzione degli interessi sul mutuo per la casa, l'esenzione dei versamenti del datore di lavoro per l'assicurazione sanitaria e così via - ha i suoi appassionati difensori. Ecco quindi un'idea che politicamente potrebbe funzionare: teniamo in piedi tutte le agevolazioni fiscali esistenti, ma mettiamo un tetto all'ammontare complessivo scaricabile dalle tasse.

Ho approfondito l'idea di imporre un tetto - in percentuale del proprio reddito complessivo - al beneficio fiscale di cui possono usufruire gli individui. Applicando un tetto del 2% del reddito l'effetto sarebbe enorme: non significherebbe limitare la quantità di deduzioni ed esenzioni al 2% del reddito lordo, ma limitare la riduzione delle tasse - cioè il beneficio fiscale - che l'individuo ottiene ricorrendo a questi casi particolari. Per una persona che paga un'aliquota fiscale del 15%, un tetto del 2% del reddito lordo significherebbe che il totale delle deduzioni ed esenzioni non potrebbe superare il 13% circa del reddito lordo. L'impatto per le casse dello Stato sarebbe considerevole. Anche se il tetto venisse applicato soltanto alle deduzioni fiscali specifiche e all'esenzione dei contributi per l'assicurazione sanitaria, consentirebbe di incassare circa 250 miliardi di dollari nel primo anno di applicazione e circa 3mila nel primo decennio.

Una misura del genere può essere disegnata in vari modi, ma il suo grande merito, dal punto di vista economico e dal punto di vista politico, sta nel fatto che può consentire di incrementare fortemente il gettito fiscale senza eliminare agevolazioni specifiche. Rimettere in sesto i conti pubblici americani è un problema di difficoltà commisurata alla sua importanza. Ma rallentare la crescita delle indennità previdenziali e fissare un tetto alle agevolazioni fiscali nel loro complesso è un'impostazione valida per la riforma che verrà.
(Traduzione di Fabio Galimberti) © PROJECT SYNDICATE 2012

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