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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2012 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 11 novembre 2012 alle ore 15:34.

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È un monito ai cittadini a «usare il cervello e non la pancia» nell'imminente campagna elettorale e a sostenere il costo di informarsi per superare le «scorciatoie mentali». È un invito ai mezzi di informazione a diffondere dati statistici corretti e verificati per migliorare la qualità del dibattito pubblico del Paese. Ed è insieme anche un messaggio ai candidati politici a evitare un uso distorto dei dati e a fare propria la prima delle Prediche inutili (1955) di Luigi Einaudi: conoscere per deliberare. "Conoscere per decidere" è il titolo scelto dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, per la Lettura del Mulino che ha tenuto ieri all'Università di Bologna alla presenza, fra gli altri, del ministro Piero Giarda, del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e di Romano Prodi.
L'appuntamento della casa editrice felsinea – che ha visto succedersi in cattedra, dal 1985 a oggi, economisti e uomini di cultura come Giorgio Fuà, Arrigo Levi, Giuliano Amato, Saskia Sassen o Sabino Cassese – ha dedicato l'edizione 2012 al ruolo della statistica vista con la lente delle neuroscienze, della comunicazione e dei condizionamenti del Web 2.0 per capire come si assumono decisioni individuali e collettive e perché investire negli istituti statistici e nella conoscenza di dati economici sia la miglior scelta per sfide politiche e sociali.

L'analisi di Giovannini parte dal deficit di capacità umana nell'assumere decisioni totalmente razionali, perché ci si affida a scorciatoie mentali, a ragionamenti intuitivi in cui vantaggi e perdite si misurano rispetto allo status quo (e non su possibili scenari) recependo più facilmente informazioni coerenti con le proprie idee. Il presidente dell'Istat racconta del duello televisivo Bush-Gore per spiegare come nel mercato tra eletti ed elettori non si ricorra alla statistica – cioè all'evidenza, alla conoscenza dei fenomeni – per colmare l'asimmetria informativa, ma si preferisca dare ascolto alle emozioni più che alla mente. Il candidato repubblicano stroncò il ricorso di Gore a dati sul Medicare con una battuta e il sense of humour lo premiò, rafforzò la percezione di un avversario arrogante e azzerò il valore della statistica nel resto della campagna. Il cittadino è «razionalmente disattento», spiega Giovannini, perché informarsi ha un costo. «Ma il contesto economico influisce sull'attenzione: negli ultimi tre anni il numero di persone interessato ai dati statistici è passato dal 23 al 34%».

Farsi strada tra i dati reali e quelli inventati nell'epoca dei big data e di Internet è fondamentale e diventano prioritarie affidabilità e comunicabilità della statistica. «Bisognerebbe misurare il valore aggiunto della statistica. Questo valore non può che essere l'aumento di conoscenza che apporta la fruizione del servizio, dei dati», afferma il presidente dell'Istat al lavoro per rendere più comprensibili i numeri dell'istituto e pronto a pubblicare assieme al Cnel il primo Rapporto sul progresso della società italiana misurato non più tramite il Pil bensì il Bes, il benessere equo e sostenibile. Già nel 2004, quando guidava l'Ocse a Parigi, Giovannini propose di non parlare più di statistique, ovvero scienza dello Stato, ma di sociestique, la scienza della società. «Se la missione degli istituti nazionali di statistica – dice – e delle altre autorità che diffondono dati ufficiali, ne abbiamo 18 in Italia, è servire la collettività sviluppando conoscenza, è importante che si crei un sistema statistico europeo indipendente, sul modello della Bce. E bisogna sottoporre a supervisione anche la statistica privata, prevedendo standard minimi tecnici e deontologici e un controllo che potrebbe forse fare l'Agcom. Terzo, i direttori di testate dovrebbero istituire, come avviene all'estero e sulla scia della crescente popolarità del data journalism, la figura dello statistics editor».

Conoscere per decidere, alle soglie di una campagna elettorale, «significa sopportare il costo di studiare di più e scegliere chi avrà le proposte politiche più convincenti basate su solida evidenza empirica e scientifica», così Giovannini chiude la Lettura del Mulino. Auspicando l'istituzione anche in Italia di un organismo, come già ha l'Olanda, incaricato di valutare ex ante ed ex post le leggi, misurando vulnerabilità e sostenibilità sul lungo periodo.

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