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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 15:48.

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Sei mesi per preparare il tanto invocato piano di gestione di Pompei, documento senza il quale l'area archeologica più famosa del mondo verrebbe cancellata dai siti patrimonio dell'umanità.

Questa la timeline che i rappresentanti dell'Unesco e del ministero dei Beni culturali si sono dati ieri, nel primo incontro di esperti e stakeholders impegnati nella messa in sicurezza degli scavi dopo i clamorosi crolli cominciati nel 2010.
Giornata di lavori a porte chiuse nell'ambito della quale sono già state individuate le linee guida del piano a venire. «Bisognerà lavorare - ha detto Francesco Bandarin, vicedirettore generale dell'Unesco per la Cultura - sulle capacità, attraverso una riorganizzazione e una qualificazione dell'organico, ma anche sulle risorse: oggi ci sono i 105 milioni del piano straordinario dell'Ue. Ci troviamo in una fase transitoria, finita la quale, per la manutenzione e la gestione delle emergenze dovremo assicurare, in uno scenario cinquantennale, risorse annue fisse» che la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro quantifica in «cinque o sei milioni l'anno».

Servirà una governance più efficiente e regolamentazioni sono in vista anche per le sponsorizzazioni: azioni di sostegno programmate su medio-lungo periodo, come il modello Packard a Ercolano, appaiono preferibili a interventi spot di difficile gestione. All'incontro ha partecipato il segretario generale del Mibac Antonia Pasqua Recchia che ha fatto il punto sull'avanzamento del piano Ue da 105 milioni aggiornando il tavolo a gennaio, quando l'Unesco tornerà a Pompei e saranno aperti i primi cantieri. Sensazione comune in sala: non sarà facile spendere il "tesoretto" entro il 2015 come impone Bruxelles. Tutti invitati e nessuno presente i sindaci dei comuni coinvolti.

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