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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 08:21.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2012 alle ore 09:09.

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A poco più di un mese dal Natale arriva una notizia (che tale non è per i profondi conoscitori delle Scritture): nella stalla dove nacque Gesù non c'erano il bue e l'asino. I due animali sono la rappresentazione dell'umanità, e pur tuttavia «nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all'asinello».

È solo una «piccola divagazione», quella sugli animali nella stalla di Betlemme, ma rende chiaro come il libro di Joseph Ratzinger, L'infanzia di Gesù, l'ultimo della trilogia di Benedetto XVI dedicata alla vita del Nazareno, sia un testo dove è continuo il richiamo a uno dei capisaldi dell'esegesi ratzingeriana: i racconti dell'infanzia di Gesù, contenuti nei primi capitoli dei vangeli di Matteo e di Luca, non sono leggende né ricostruzioni fantasiose. Insomma, racconti credibili, non miti.

Il libro - da oggi in vendita nelle librerie - edito da Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana, esce in contemporanea in nove lingue e in 50 paesi, con una tiratura globale della prima edizione di oltre un milione di copie. Nei prossimi mesi il volume sarà tradotto in venti lingue per la pubblicazione in 72 paesi. Ieri è stato presentato in Vaticano dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, Maria Clara Bingemer, teologa brasiliana, don Giuseppe Costa, direttore della Lev, Paolo Mieli, presidente di Rcs Libri, e padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana.

Il rapporto della fede con la storia, con la profezia, con la politica, con l'umiltà: sono i quattro binomi, i quattro fili che secondo Ravasi «si possono rintracciare nel tessuto, parola da cui deriva il termine testo del libro che il Papa propone senza alcuna autoreferenzialità oracolare». Parlando del binomio fede-storia, Ravasi sottolinea l'osservazione di Ratzinger per cui «Gesù non è nato e comparso in pubblico nell'imprecisato "una volta" del mito, ma in un momento preciso e particolare della Storia, ben definito e precisato».

Quanto a fede-profezie, che Benedetto XVI chiama "parole in attesa", Ravasi osserva che «con l'avvento di Gesù la profezia raggiunge la sua completezza». Poi il binomio «umiltà-chiarità che è diversa dalla chiarezza: è l'umiltà del rispetto della verità che va annunciata in maniera limpida, nitida». E la strage degli innocenti: «Penso al grido delle madri, che è un grido perenne, perpetuo, che risuona ancora ai nostri giorni. Muoiono i bambini a Gaza e il grido delle madri è il continuo grido». Per Mieli è Maria la figura fondamentale del libro assieme al suo bambino: «È singolare, perché al centro c'è la figura di un bambino e di una donna. È un libro sulla donna: tutta la parte di Maria e l'Annunciazione, la libertà di Maria, quello è un punto importantissimo di accettare, di partecipare, di farsi protagonista della nascita di Gesù».

Padre Lombardi ha concluso citando le parole di elogio che il cardinale Carlo Maria Martini aveva speso nel 2007 a proposito del primo libro su Gesù. Il terzo volume inizia con la domanda rivolta da Pilato a Gesù e intorno alla quale ruota tutta l'opera del Papa: Di dove sei tu? Domanda che spinge il cammino dei magi, nei quali il Pontefice vede «l'attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo», si legge sull'Osservatore Romano, il cui direttore Giovanni Maria Vian dedica l'editoriale proprio a "La protesta dei Magi".

Infine un passaggio del libro sulla politica, a cui «sono assolutamente lasciati il proprio spazio e la propria responsabilità. Dove però l'imperatore si divinizza e rivendica qualità divine, la politica oltrepassa i propri limiti e promette ciò che non può compiere».

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