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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 08:07.
Un canadese, Mark Carney, guiderà la Bank of England. Lasciando l'analogo ruolo di governatore alla Bank of Canada. La globalizzazione arriva dunque nel cuore della politica. Si tratta della sua dimensione più tecnica, la gestione della moneta e dei tassi di interesse; di quella più slegata dall'investitura popolare, dalle elezioni; ma non per questo necessariamente meno "nazionale". Anzi.
Non è in realtà una novità che le banche centrali, proprio per la natura altamente professionale del loro compito, impieghino personale straniero. Nei Paesi più piccoli, anzi, questa è la normalità delle cose: le competenze necessarie - piuttosto alte e rare, per esempio nell'analisi economica - prevalgono su ogni altra considerazione. Anche tenendo conto di questo, uno straniero, per quanto anch'egli "suddito della corona" e di madrelingua, ai vertici politici dell'authority è una novità emblematica di come il mondo stia cambiando, e di come la cittadinanza diventi sempre più uno status meramente giuridico, formale, e sempre meno sostanziale, culturale.
Probabilmente ha reso più facile la nomina il fatto che la Bank of England abbia perso le sue funzioni di vigilanza sulle aziende di credito; come anche l'esperienza della Banca centrale europea, che è nata grazie a una cessione - fino ad allora considerata improbabile - della sovranità monetaria dei singoli stati a un'entità sovranazionale. Proprio il caso della Bce, che ancora è oggetto di critiche - per esempio tedesche, ma non solo - perché appare troppo "straniera" a chi ragiona ancora in termini per così dire "nazionalistici", mostra quanto possa essere simbolicamente rilevante - pur nella sua sostanziale diversità - la nomina di Carney.
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