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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 06:39.

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Le tasse sul risparmio e la patrimoniale secondo Luigi Einaudi



In Italia la pressione fiscale è straordinariamente alta e le tasse sul lavoro continuano a essere più elevate di quelle sui capitali. Lo ha riconosciuto anche il presidente del Consiglio, Mario Monti, secondo il quale il problema può essere affrontato solo in sede europea e non da un singolo Paese. Ma di fronte alla gravità della crisi economica non potrebbe essere utile, anche a livello europeo, un significativo rialzo delle imposte sui capitali, verso cui anche un liberale come Luigi Einaudi si era dimostrato favorevole nel secondo dopoguerra.
Antonio Conti
Napoli
Gentile Conti, una premessa: gli squilibri di bilancio andrebbero curati più tagliando le spese (partendo dalla politica) che non aumentando le entrate. Quanto all'imposta patrimoniale è vero che Luigi Einaudi, soprattutto in un saggio del 1946 ripub blicato da poco dalle edizioni Chiarelettere, la considerava favorevolmente, ma a tre condizioni: che fosse un'imposta straordinaria e quindi una tantum; che mettesse la parola fine "all'era lunga dell'incremento continuo ed esasperante delle imposte ordinarie sul reddito"; che segnasse l'inizio di una fase di forte credibilità di una nuova classe politica. Non è quello di cui ora si discute e quindi nulla a che vedere con un aumento delle imposte sui capitali. Nei suoi scritti Einaudi considerava in modo negativo queste imposte soprattutto perché, colpendo il risparmio, costituiscono una forma di doppia imposizione: prima vengono colpiti i redditi, poi la quota di reddito risparmiata. I capitali si possono accumulare anche vincendo al casinò o con un'eredità: ma allora si tassino di più i giochi e si modifichino le imposte di successione. Quanto fosse importante il risparmio per Einaudi lo dimostra la raccolta di saggi curata da Francesco Forte ed edita da Rubbettino (Il mio piano non è quello di Keynes, 398 pagine, 12,90 euro). Per Einaudi solo il risparmio poteva finanziare gli investimenti necessari alla crescita e scriveva: "All'uomo della strada e agli economisti antiquati pare assurdo trovare a prestito 10 miliardi, se prima i 10 miliardi non siano stati messi da parte e non siano tuttora disponibili. Senza la lepre non si fanno pasticci di lepre. Pare invece che nei paesi avanzati i pasticci di lepre di facciano ora con i conigli. Ho l'impressione cioè che, da qualche tempo, gli economisti inglesi siano assidui alla nobile fatica di cercare conigli da sostituire alle lepri. Quando sentono parlare di risparmio all'antica, fanno smorfie". Tornando all'oggi, con l'ingegneria finanziaria non si va lontano e prima di parlare di nuove imposte sui capitali bisognerebbe ricordarsi non solo dell'articolo 35 della Costituzione (La Repubblica tutela il lavoro), ma anche dell'articolo 47 in cui si proclama che "la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme".
Dopo le primarie
Renzi e Bersani si contenderanno domenica la vittoria per diventare il candidato premier del centro-sinistra. I voti di chi aveva scelto Vendola diventano importanti: basta che non inizino quegli squallidi teatrini del tipo "al posto dei voti mi aspetto un ministero".
Lettera firmata
L'appello dei notai
Sono notaio da quasi quarant'anni. Ho formato molti praticanti, anche mia figlia, aspirante notaio. Vorrei richiamare l'attenzione del Sole 24 Ore su una proposta di modifica al decreto sviluppo: un emendamento bipartisan presentato al Senato che elimina l'attuale limite delle tre prove per il concorso notarile. Un limite ingiustificabile all'accesso dei giovani e in contrasto con l'apertura verso una professione che si chiede di adeguare ai tempi. Il concorso per notaio è altamente selettivo. Ma si svolge attraverso prove teorico-pratiche che non consentono ai candidati quel minimo di autovalutazione per compiere una scelta consapevole al momento decisivo: la consegna degli elaborati. Chi è alla terza prova e si gioca l'ultima carta a disposizione, non conosce l'esito della precedente. Questo sistema non seleziona i migliori, ma favorisce i più furbi, i meno interessati e i più avanti negli anni. Non è così che si garantisce una maggiore meritocrazia o un più facile accesso alla professione. L'Esecutivo sembrerebbe orientato a dare parere negativo all'emendamento in questione. Non per ragioni di merito, ma - probabilmente - per non sostenerne i costi. Se si vuole porre un argine ai concorsi bene. Ma lo si faccia sulla base di risultati certi. Il Governo Monti ha assicurato di volere rimuovere gli ostacoli inutili all'esercizio delle attività professionali. Eliminare o modificare il limite delle tre prove al concorso notarile sarebbe un segnale concreto in quella direzione.
Gustavo Trotta
Notaio - Salerno

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