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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2012 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 30 novembre 2012 alle ore 08:31.

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La crisi del credito che sta strozzando tanto le imprese quanto le banche italiane si riassume essenzialmente in due cifre: in un anno, le aziende manifatturiere hanno subito un calo di 38 miliardi nella concessione di finanziamenti per investimenti e ristrutturazioni del debito, mentre le banche – causa la chiusura del mercato dei capitali all'ingrosso – non sono riuscite a coprire i 200 miliardi di funding gap (differenza tra raccolta e impieghi) che pesano sui loro bilanci.

E con lo spread dei BTp che per un anno ha oscillato tra i 350 e i 500 punti base, né per le banche né per le imprese è stato possibile raccogliere capitali a costi sostenibili e competitivi. Quando si guarda alla crisi del credito come a una guerra per la liquidità, insomma, non ci sono né vincitori né vinti: a perdere è l'intero sistema economico su cui si regge il Paese.

Ebbene, dopo un anno terribile in cui gli investitori internazionali hanno fatto pagare all'Italia un conto anche più alto del dovuto per le sue debolezze strutturali, la spirale negativa sembra finalmente placarsi: gli interventi della Bce, il salvataggio della Grecia e l'iniezione di liquidità nelle banche spagnole hanno riportato maggiore fiducia sulle prospettive dell'Eurozona, togliendo di riflesso dal rischio-Italia quel prezzo aggiuntivo che nulla aveva a che fare con i nostri problemi di debito o di deficit. In cifre, il costo del denaro per l'Italia è sceso di un buon 3% in 12 mesi, riaprendo così le speranze di una riapertura rapida del mercato dei capitali tanto per le aziende quanto per le banche. Certo, i BTp al 4,45% non sono ancora il livello di svolta per il sistema, ma rappresentano certamente l'apertura di una finestra che va sfruttata con tempestività.

Per le banche, è ora possibile tornare sul mercato dei capitali per raccogliere risorse a prezzi accessibili da "girare" al sistema economico, trasformando così la spirale negativa che ci ha portati in recessione in un nuovo circolo virtuoso che ci permetterà di uscirne. Nessuno nega che le banche siano ancora al centro di mille difficoltà, dalle incertezze regolatorie fino al boom delle sofferenze, ma la palese discesa del costo del denaro toglie alibi a chi continua a rifiutarsi di concedere credito.

L'industria ha reagito contando solo sulle proprie forze alla crisi economica e a quella finanziaria, dimostrando una forza e una vitalità che molti avevano sottovalutato: come spiegare, altrimenti, quell'attivo di oltre 42 miliardi di euro segnato dalla nostra bilancia commerciale in 7 mesi al netto delle importazioni energetiche? L'industria resiste, compete, ma ha ora bisogno di capitali: con un maggiore dialogo, fiducia e soluzioni condivise, il sistema Italia potrebbe finalmente rimettersi in moto.

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