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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2012 alle ore 08:08.
Per il Tar e il Consiglio di Stato è tutto illegittimo: il bando di concorso, mai apparso in «Gazzetta Ufficiale», e il provvedimento con cui la giunta ha cercato di rappezzare la situazione. Ciò che stiamo per raccontarvi accade nella più popolosa e ricca Regione d'Italia, che contribuisce per un quarto alla formazione del Pil, ha il primato dei migliori ospedali ed è considerata un modello d'efficienza: la Lombardia.
La storia comincia nel febbraio 2006, quando il Pirellone indice un concorso per la selezione di 31 dirigenti. Il bando è diffuso con il bollettino regionale, ma non con la Gazzetta ufficiale. I primi 20 in graduatoria sono assunti a tempo indeterminato il 1° settembre 2007, gli altri il 13 gennaio 2008. Molti sono organici a Comunione e liberazione, il movimento della Chiesa il cui esponente più noto è il presidente della Regione, Roberto Formigoni.
I ciellini hanno già in pugno la Sanità lombarda, che ha budget annuo di 17 miliardi, e occupano i posti chiave della macchina regionale, a cominciare dalla funzione di segretario generale della giunta, ricoperta da Nicola Sanese. È lui l'uomo più potente dopo Formigoni; è da lui che dipendono i direttori generali e i primi dirigenti dell'amministrazione; è a lui che fanno capo le partecipate come Finlombarda e Infrastrutture Lombarde. Il concorso serve dunque a riempire le altre caselle dell'organigramma per rafforzare la presa sull'apparato burocratico.
Alcuni dei vincitori assumono ruoli di comando. Marco Carabelli è nominato vice di Sanese, con uno stipendio da 220mila euro. Alla direzione del personale, con 185mila euro, va Michele Camisasca, nipote dell'attuale vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, Massimo Camisasca, biografo del fondatore di Cl, don Giussani. Giacomo Boscagli, figlio dell'ex assessore regionale Giulio Boscagli, cognato di Formigoni, è paracadutato all'Istituto dei tumori. E un altro ciellino, Franco Milani, è inserito nella direzione generale per la Famiglia con uno stipendio di 97mila euro.
L'operazione procede per il meglio, finché nel maggio 2006 un ingegnere dell'ufficio tecnico del Comune di Milano, Giuseppe Di Domenico, non cita in giudizio la Regione dinanzi al Tar sollevando il problema dell'illegittimità della gara. La mancata pubblicità del bando non gli ha permesso di presentare la domanda in tempo utile. Il Tribunale amministrativo avvia il procedimento, ma il concorso è prossimo alla conclusione e ai vincitori Sanese fa firmare una lettera, allegata al contratto di assunzione, dove ognuno dichiara di essere a conoscenza del contenzioso e di accettare la risoluzione automatica del rapporto in caso di soccombenza della Regione.
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