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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2012 alle ore 07:15.

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Un brevetto unico europeo in tre lingue con una notevole riduzione dei costi e procedure semplificate per rilanciare l'innovazione in tempi di crisi. Dopo l'ok del consiglio Competitività di oggi e il voto dell'Europarlamento potrà vedere la luce nel 2014. Sarà valido in 25 Paesi dell'Unione, ma non in Italia e Spagna, che hanno deciso di non partecipare al gioco di squadra della «cooperazione rafforzata».

Potranno chiedere il brevetto, ma saranno soggette alla doppia tassazione ed escluse dal tavolo delle trattative future. In nome della difesa del mercato interno e in aperta critica al principio del trilinguismo i due Paesi hanno persino presentato un ricorso alla Corte di giustizia Ue, chiedendo l'annullamento del provvedimento che - a detta loro - richiederebbe l'unanimità. Stupisce che il nostro Paese, così critico nei confronti dell'ormai tradizionale veto britannico su qualsiasi accenno a una maggiore integrazione finisca per commettere gli stessi errori di Londra. Un atteggiamento troppo british che rischia di tarpare le ali proprio sul nascere a un progetto fortissimamente voluto dai Paesi Ue negli ultimi 40 anni per colmare il divario con i concorrenti mondiali. E nell'Europa che cerca la crescita l'esperienza insegna che non c'è più spazio per l'unanimità.

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