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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2012 alle ore 14:08.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2012 alle ore 15:27.

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La firma dell'accordo per la produttività è una delle vittorie di questo governo. Una vittoria di forma e di sostanza che non solo affronta una grave debolezza della nostra economia ma vuole definire e portare chiarezza alle relazioni industriali a cominciare dalla rappresentanza.
A completare questa svolta concreta, l'esperimento di politica economica deve essere però monitorato seriamente. Questa volta il governo deve istruire con precisione la verifica che questa politica usi correttamente e valga il sacrificio di risorse pubbliche. Non sono nuove le regole che disciplinano l'incentivazione della produttività e la partecipazione agli utili a livello aziendale: il D.Lgs. 67/1997 disponeva uno sgravio parziale per i fino a 1% della massa salariale. Tra il 2007 e il 2008, poteva essere esentato fino al 5% dei salari, limitato al 3% dal decreto del maggio 2008 e al 2.5 nel 2009. I datori di lavoro beneficiano di una riduzione del 25% sui contributi previdenziali. Eppure queste misure non sono mai state monitorate. Il Governo ha deciso perché la partita è in questo momento decisiva, ma senza poter valutare se questo esperimento abbia funzionato perché i dati non lo consentono. Non è stata mai istruita una metodologia che consenta policy evaluation.

L'Inps, che eroga la decontribuzione o sgravio, riceve dall'impresa solo la data di registrazione del contratto aziendale e l'importo del monte salari da decontribuire. I contratti integrativi aziendali e territoriali sono depositati dalle aziende alle Direzioni provinciali del lavoro, in adempimento alla normativa delle agevolazioni previdenziali e contributive. Depositati fisicamente si può dire perché questo materiale che permetterebbe di capire le caratteristiche di chi avuto la decontribuzione giace polveroso senza record digitale. Il Cnel, che possiede il patrimonio eccezionale dell'Archivio nazionale dei contratti collettivi di lavoro dal 1945, potrebbe essere il destinatario ideale di questo "deposito" dei contratti decentrati. Sta infatti verificando con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali la possibilità di acquisirne la documentazione al proprio Archivio Nazionale.

In realtà quest'istruttoria manca perché le incentivazioni passate miravano ad alleggerire il cuneo fiscale riducendo le tasse sul lavoro dipendente con uno strumento che poteva anche migliorare la produttività. Il sindacato l'ha sostenuto ma con alcune riserve: Cgil, che pure ha firmato l'accordo del 28 giugno 2011, teme la maggiore autonomia del secondo livello che questo accordo consente in mancanza della definizione dei criteri sulla rappresentanza. La rappresentanza era cosa quasi fatta: era stato dato incarico a Inps della raccolta dati e a Cnel del deposito e validazione, ma non è mai diventata operativa. Cgil vede il potenziamento del secondo livello ridurre il ruolo del primo, ma basta guardare il recente Ccnl chimico firmato il 22.9.2012. il miglioramento della produttività è centrale, forte l'enfasi sulle nuove norme sulla flessibilità organizzativa, la valorizzazione del livello aziendale ove realizzare «specifiche intese temporanee» modificative del Ccnl, come previsto nell'accordo interconfederale del 28.6.2011. Una sezione speciale è dedicata alla valorizzazione dell'esperienza individuale e funzionalità delle risorse umane, come fattori di più flessibilità a livello aziendale per la produttività.

Il premio di produttività nel nostro Paese è stato una leva debole nel passato. Nonostante le riforme del '93 e '98, la partecipazione dei lavoratori ad accordi di produttività in Italia è tra le più basse in Europa. Solo il 3% delle imprese del settore privato con 10 o più dipendenti offrono un sistema di incentivazione rispetto alla media europea del 14% e i contratti di partecipazione aumentano con la dimensione: il 2% delle imprese con 10-49 dipendenti, il 10% con 50-199 addetti e il 17% delle aziende con più di 200 dipendenti. Solo il 25% delle maggiori aziende italiane offre piani che coinvolgono l'intera forza lavoro contro una media Ue del 51,9%. In Europa questa strategia è diversa nei vari Paesi: esistono forti basi giuridiche per la promozione attiva della partecipazione in Francia e Regno Unito. Le nostre imprese con una forza lavoro mediamente meno istruita e formata dei nostri concorrenti, non potranno che beneficiare di questo accordo. Ma sarà importante che le regole di applicazione siano stringenti e non lasche come in passato.

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