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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2012 alle ore 06:46.

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Se lo ricorderanno i banchieri e i bancari, Corrado Faissola, scomparso ieri all'età di 77 anni: rigorosamente in carica – presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca – come si addice a un alto ufficiale sabaudo. Era nato in provincia di Imperia, Faissola, laureato in giurisprudenza all'Università di Genova (da sempre "Avvocatissimo", temuto da generazioni di sindacalisti del credito): subito assunto all'Istituto san Paolo di Torino, di cui – a metà anni '90 – avrebbe potuto diventare top manager e azionista stabile (a fianco del Santander dei Botìn e della famiglia Agnelli) in una posizione più unica che rara sulla scena dei colossi europei fra privatizzazioni e megafusioni. Ma all'epoca era già divenuto da tempo un "imprenditore dello sportello" a tutti gli effetti, forse l'ultimo che il sistema italiano abbia espresso nella sua fascia alta e – non per caso – abbia collocato ai vertici dell'Abi.

La gavetta e il cursus honorum di Faissola erano stati tuttavia quelli di uno dei più brillanti dirigenti di banca della sua generazione: quella dei Rondelli, degli Arcuti, dei Cingano. Quella di coloro che avevano consolidato gli anni del boom nell'azienda-Italia; coloro che guidavano banche a controllo pubblico ma che affondavano le loro radici nel privato; quella leva di banchieri che conosceva il mercato: che sapeva ritagliare la propria identità di capo-azienda rispetto agli azionisti, quella che sapeva distinguere a colpo d'occhio un imprenditore che meritava credito. A 50 anni Faissola è un direttore centrale di prima linea in Piazza San Carlo e come tale viene spedito oltre il Ticino a pilotare il grosso presidio della Banca Provinciale Lombarda. La strada verso un "tranquillo" coronamento di carriera come direttore generale del San Paolo sembra spianata, ma da Brescia gli giunge un'offerta-sfida alla quale Faissola dice subito di sì: i grandi azionisti del Credito agrario bresciano hanno bisogno di un manager che sia più di un manager. I Folonari, i Lucchini, i Beretta, i Nocivelli, tutta l'aristocrazia imprenditoriale della Leonessa vuole al Cab (quotato in Borsa) un banchiere che interpreti l'azienda come loro operano ogni giorno nelle loro: efficienza e smalto, stile e profitti, creazione di valore e strategia sostenibile. Faissola, secondo abitudine: compra la Banca Lombarda dal Credit Lyonnais, mette un piede nella Cariparma privatizzata. Ma si ritrova ben presto il "deus ex machina" di un passaggio decisivo per il capitalismo bresciano ormai morde il freno sul palcoscenico nazionale.

Mentre la "razza padana" si aggrega attorno all'emergentissima Bipop (e prepara la vertiginosa parabola dell'Opa Telecom) il Cab si fonde con la San Paolo Brescia: competitor di casa nel salotto buono della Leonessa. La nuova "Banca Lombarda" si issa nel segmento superiore della graduatoria bancaria nazionale: occhieggia a est (Popolare di Verona) e a ovest (Popolare di Bergamo) nel mentre partecipa al nucleo stabile della prima Banca Intesa. A un "imprenditore bancario" come Faissola non manca però il tempo di essere al servizio dell'Azienda-Paese: è lui – a fianco di Alessandro Profumo - giovane superstar del Credit appena privatizzato – a gestire la prima grande ristrutturazione sindacale del sistema bancario italiano alle porte dell'euro. Ma ormai verso la settantina, Faissola affronta da par suo i due passaggi finali della sua carriera: la fusione fra Banca Lombarda e Popolare di Bergamo (a formare Ubi Banca, una delle "top five" italiane) e assume la presidenza dell'Abi (raccogliendola da un altro imprenditore bancario, Maurizio Sella) in un quadriennio critico: quello che segue i crack Cirio e Parmalat (con le prime ondate polemiche di massa contro il "tradimento del risparmio") e che viene inframmezzato dallo tsunami di Wall Street. "Patti Chiari", la risposta di Faissola alla domanda di una stagione nuova nei rapporti fra le banche italiane e i loro clienti – forse non ha ancora raggiunto tutti i suoi obiettivi: ma certo rimane il brand di un banchiere italiano a tutto tondo. Brescia (ma non solo) lo saluterà domattina alle 10 in Duomo.

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