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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2012 alle ore 06:48.
La notizia della licenza natalizia concessa ai due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, da 10 mesi nelle mani delle autorità indiane per uno scontro a fuoco al largo del Kherala, è innanzitutto un buon segnale politico. Perché testimonia l'efficacia del pressing diplomatico del ministro degli Esteri Giulio Terzi, diventato più intenso da ottobre scorso col nuovo ministro degli Esteri indiano Khurshid. La licenza è un gesto per ora simbolico che allenta una tensione su un caso in cui, nei mesi, si sono mescolati piani diversi, politici, giuridici, perfino economici. Non c'è nulla che giustifichi tuttavia la dilazione. L'Italia ha chiesto da subito chiarezza sulla giurisidizione, affermando le ragioni tecniche di un giudizio in sede "italiana". Ha chiesto giustizia, non altro. Dall'altra parte ha trovato un muro di eccezioni, condite dalla tecnica sistematica del ritardo. Un modo per far salire la tensione, e alzare il prezzo della soluzione. Questa licenza è un modo per sgonfiarla. Ed è l'inizio di una via d'uscita.
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