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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 06:40.
L'ultima modifica è del 27 dicembre 2012 alle ore 07:31.
Le voci insistenti sull'uso da parte del regime di armi chimiche - peraltro non confermate da fonti indipendenti - accelerano la crisi in Siria: per molto meno, cioè per arsenali del tutto inesistenti, gli Stati Uniti attaccarono e invasero l'Iraq nel 2003, mentre i depositi di ordigni non convenzionali di Damasco sono sicuramente tra i più letali del Medio Oriente. Al punto da spingere, secondo la stampa araba di Londra, il primo ministro israeliano Netanyahu a volare ad Amman per consultarsi con Re Abdallah.
Ma chi può fermare Assad? Forse soltanto la Russia dove in queste ore i dirigenti siriani stanno esaminando le proposte dell'inviato dell'Onu Brahimi. Non solo Mosca ha una base militare nel porto di Tartous ma i tecnici russi sono probabilmente gli unici in grado di manovrare missili siriani come gli Scud e le difese anti-aeree più sofisticate. Putin può decidere la sorte di Assad ma per farlo vorrà certamente una contropartita dall'Occidente: questo è l'ultimo conflitto della guerra fredda.
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