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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2012 alle ore 07:15.

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Sono quasi due anni che viene messo in dubbio il fiuto immobiliare del senatore del Pdl Riccardo Conti, protagonista del più grande - e soprattutto fulmineo - affare mai fatto nella vendita di una singola palazzina romana. Ci riferiamo all'immobile tra Montecitorio e Fontana di Trevi, al civico 64 di via della Stamperia, che il 31 gennaio 2011 Conti ha comprato nella mattinata e rivenduto nel tardo pomeriggio.

Con un profitto di 18 milioni. Senza aver sborsato un singolo euro. Perché per acquistare la palazzina dal Fondo immobiliare Omega, il senatore ha versato un acconto di 5 milioni due giorni dopo averne incassati 7 dall'ente degli psicologi, l'Enpap, con il quale aveva siglato un compromesso di vendita. E ha poi concluso l'affare consegnando al Fondo i residui 21,5 milioni solo dopo aver incassato i restanti 37,5 concordati con l'ente degli psicologi. Insomma, di fatto a finanziare per intero la lucrosa operazione di Conti è stato lo stesso ente che ha pagato 44,5 milioni una palazzina comprata poche ore prima dal senatore per 26,5 milioni. Sulla transazione la procura di Roma ha aperto un procedimento per truffa. Le cose si sono poi complicate quando gli inquirenti hanno scoperto (e L'Espresso ha pubblicato) che nello stesso periodo Conti ha pagato un milione di euro al suo compagno di partito Denis Verdini come penale per la mancata corresponsione di un prestito promesso.

Oltre che sull'origine e la natura di quell'accordo così gravoso per Conti, la Procura sta da mesi cercando di sapere di più su chi ha gestito la vendita della palazzina al senatore. Non ci riferiamo al Fondo Omega, dove sono confluiti gli immobili di Banca Intesa SanPaolo. Da un comunicato della banca risulta infatti che «la gestione del patrimonio immobiliare del Fondo Omega, e quindi la definizione del contratto di compravendita di un immobile, sono di competenza della Sgr che gestisce il patrimonio del fondo in autonomia, sulla base di principi stabiliti dalla normativa del settore». Il riferimento è alla Fimit, la società di gestione del risparmio (o Sgr) di Massimo Caputi, "l'asso pigliatutto" del real estate italiano. Possibile che un uomo dell'esperienza di Caputi possa aver venduto un immobile nel pieno centro di Roma a un prezzo del 40% inferiore al valore del mercato? Gli inquirenti ne dubitano. Vuol dire allora che l'Enpap ha pagato 18 milioni più del dovuto? «L'acquisto è stato regolare» ha prontamente risposto a chi sollevava questo dubbio Angelo Arcicasa, presidente dell'ente degli psicologi. Anche perché ha in mano non una ma due perizie che attribuiscono alla palazzina un valore tra i 43,7 e i 45 milioni.

Il Sole 24 Ore ha cercato informazioni sulle due società che per conto dell'Enpap hanno firmato quelle perizie. La prima si chiama Tekno Engineering Services Srl, è stata costituita circa due anni prima della compravendita in questione, e nel settore è assolutamente sconosciuta. Il suo telefono non funziona e il suo sito non fornisce neppure il nome di un manager, architetto, ingegnere o socio. La seconda, la Ingenium Real Estate, è invece molto nota. I suoi soci sono due storici collaboratori di Massimo Caputi, l'architetto Marco Tamino e l'avvocato Maria Gabriella Manni. Il primo era a capo del nucleo di progettazione di Grandi Stazioni quando questa società era diretta da Caputi, di cui è amico e conterraneo. La seconda era nello stesso periodo responsabile dell'ufficio legale di Grandi Stazioni. I due si sono successivamente messi in proprio costituendo la Ingenium, società di progettazione che ha subito ottenuto da Grandi Stazioni un contratto di consulenza da 400mila euro. Senza alcuna gara. Un contratto evidentemente ritenuto superfluo dal nuovo amministratore di Grandi Stazioni, Fabio Battaggia, che ha preferito transare per chiuderlo pur di non continuare a pagare del denaro che evidentemente riteneva sprecato. Se solo Arcicasa lo avesse saputo, forse avrebbe avuto qualche dubbio in più su quella perizia.
cgatti@ilsole24ore.us

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