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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2013 alle ore 09:28.

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C'è poco da fare: nessuno troverà l'America nel sottosuolo dell'Europa. Le riserve di petrolio e gas non convenzionali che hanno rivoluzionato il mercato energetico statunitense – al punto che l'Aie profetizza per il 2020 un predominio degli Usa sull'Arabia Saudita – non promettono al Vecchio Continente un'identica cornucopia di idrocarburi.

Ma qualche opportunità per riadattare il suo fragile equilibrio energetico, quello sì.
Il primo intoppo, è squisitamente geologico. I giacimenti di shale gas, resi commercialmente sfruttabili dalle moderne tecnologie della perforazione orizzontale e del fracking (acqua, sabbia e agenti chimici che, sparati a forte pressione, rompono la roccia e rilasciano il metano lì intrappolato) sono sconfinati e facili da accedere in America. Ma non in Europa. Secondo la Schlumberger, il colosso dei servizi all'industria petrolifera, il costo di un pozzo in Polonia – non solo per la maggiore profondità – si aggira sugli 11 milioni di dollari, il triplo che negli Usa. Per di più, l'effettiva abbondanza di risorse è ancora incerta: nell'ultimo anno, la Shell ha abbandonato le attività in Svezia e la ExxonMobil quelle in Polonia, in quanto «non economiche».

Inoltre – qualcosa più di un intoppo – ci sono le colossali differenze normative. L'Energy Act americano del 2005 autorizza di fatto il fracking, che invece è strettamente regolato in Inghilterra e in Polonia, è in regime di moratoria in Bulgaria, in Romania e nella Repubblica Ceca ed è bandito in Francia. In America ci sono gli incentivi fiscali, in Europa solo in Ungheria. Infine, mentre di là dall'oceano la proprietà del gas è del proprietario della terra (ben felice di monetizzare), da questo lato dell'Atlantico le risorse sono degli Stati. Senza contare che la maggiore densità della popolazione complica comunque le operazioni.
Eppure, se non alla velocità dell'ennesima corsa all'oro americana, in Europa qualcosa si sta muovendo. Se la Francia, dall'alto della sua supremazia nucleare, si oppone alle moderne tecniche di estrazione per legittimi dubbi ambientali (negli Usa ci sono state falde acquifere contaminate dal metano, mentre il fracking adopera sostanze chimiche non meglio specificate), in Polonia e in Ucraina lo shale gas viene visto come una spiaggia di salvezza. Salvezza dalla Russia che, anche dopo il crollo dell'Urss e del Patto di Varsavia, continua a tenere i due Paesi accalappiati con il suo gas. Certo, le ripetute crisi con la Russia per le forniture di Gazprom sono più un incubo per l'Ucraina che non per Polonia, Germania o Italia. Ma la dipendenza dal metano russo è una spina geopolitica che non punge soltanto l'Europa dell'Est, ma l'Europa intera.

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