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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2013 alle ore 08:41.
L'ultima modifica è del 12 gennaio 2013 alle ore 09:38.

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Gli obiettivi della riforma del mercato del lavoro tutti sono astrattamente condivisibili. Assai meno condivisibile è la loro declinazione normativa e la conseguente attuazione pratica. Già nella fase di stesura e approvazione la legge ha trovato una forte opposizione da parte di tutte le forze sociali, là dove è buona regola, nella regolazione del mercato del lavoro, costruire norme che trovino il consenso di chi le dovrà poi applicare pena la loro ineffettività. E questo è proprio quello che si verifica ora, nella fase di attuazione.

La legge non funziona: lo dicono le imprese, lo confermano i lavoratori a cui i contratti non vengono rinnovati. Gli obiettivi perseguiti sono rimasti sulla carta mentre le nuove rigidità si sono tradotte in vere e proprie barriere all'ingresso nel mercato del lavoro specie per i giovani come attesta l'Istat. La regolazione dei tirocini è esemplificativa di come questa riforma sia concettualmente sbagliata non risolvendo i gravi problemi del nostro mercato del lavoro, ma anzi aumentandoli.

Chi conosce il nostro mercato del lavoro sa bene che una azienda non avrà dubbi a scegliere un agile stage a 400 euro al mese a fronte di un complesso e maggiormente oneroso apprendistato con costi due o tre volti superiori con ciò pregiudicando l'obiettivo, più che condivisibile, di rilanciare questo prezioso strumento contrattuale. Per non parlare della Pubblica Amministrazione dove i tirocini saranno praticamente bloccati per assenza di adeguate risorse a copertura del compenso richiesto e imposto per la "prestazione" resa dal tirocinante-lavoratore.

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