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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2013 alle ore 08:07.
L'ultima modifica è del 18 gennaio 2013 alle ore 08:37.

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Da un'analisi seria dell'andamento dello spread tra Italia e Spagna da gennaio 2008 a oggi, derivante dal confronto tra i rendimenti sul mercato secondario dei titoli di Stato decennali italiani e i rendimenti dei corrispettivi titoli del debito pubblico spagnolo, emerge una verità diversa da quella raccontata dal presidente Monti e dai suoi giovani analisti bocconiani, secondo cui i meriti del governo tecnico si misurano più sul ritrovato vantaggio in termini di spread tra Italia e Spagna, che sul differenziale dei nostri rendimenti rispetto al Bund tedesco.

Affermazione destituita di ogni fondamento, come si può notare esaminando il dato storico relativo al differenziale dei rendimenti tra Italia e Spagna dall'inizio del governo Berlusconi a oggi. Si possono individuare 5 sottoperiodi.

Da maggio 2008 a dicembre 2009 i rendimenti dei titoli italiani sono superiori rispetto agli equivalenti spagnoli, tra 0 e 20 punti base, con l'eccezione, sempre a sfavore dell'Italia, del trimestre ottobre-dicembre 2008, in cui il differenziale tra Italia e Spagna si attesta intorno ai 50 punti base.
Da dicembre 2009 a maggio 2010 si registra una sostanziale coincidenza tra il rendimento dei decennali italiani e quello degli equivalenti titoli spagnoli, con tendenza di questi ultimi a essere leggermente superiori (tra 0 e 30 punti base).

Da maggio 2010 si apre un primo periodo di divario a favore dell'Italia, fino ad agosto 2011, con picchi di differenziale fino a 90 punti base a dicembre 2010. Con lo scoppio della speculazione (la cd. tempesta perfetta di giugno-luglio 2011), i rendimenti dei titoli di Stato di Italia e Spagna schizzano entrambi verso l'alto, e lo spread tra i due Paesi inizia a ridursi, con rendimenti dell'Italia leggermente più alti rispetto alla Spagna (non oltre 50 punti base) tra settembre e dicembre 2011.

Ed è solo a inizio dicembre 2011 che si registra il vero distacco, fino a oltre 150 punti base in più per i rendimenti dei titoli italiani. Guarda caso proprio dopo il varo del decreto salva-Italia di Monti. Questo andamento continua fino a febbraio 2012.

È a quel punto che il differenziale dei rendimenti sul mercato secondario torna a favore dell'Italia, ma in conseguenza di una rinnovata ondata speculativa sulla Spagna, che gli analisti finanziari pensavano non riuscisse a rispettare l'obiettivo del rapporto deficit/Pil al 5,3% per il 2012 fissato con l'Unione Europea.

Quindi, il divario di 80 punti che si crea a nostro favore a marzo 2012 tra Italia e Spagna, e che si manterrà nel tempo, fino a oggi, con oscillazioni sincroniche in giù e in su, si forma più per "demerito" della Spagna che per "merito" dell'Italia. E comunque non coincide temporalmente in nessun modo con il cambio di governo nel nostro Paese.

La sincronia delle oscillazioni evidenzia inoltre l'esogeneità delle variabili determinanti l'andamento dello spread tra Italia e Spagna. Ne è una dimostrazione il fatto che il picco massimo si è registrato per entrambi i Paesi a luglio 2012, con i nuovi governi Monti e Rajoy e con le misure di austerità pienamente attuate e in vigore. La ragione è presto detta: le voci di uscita della Grecia dall'euro. Allo stesso modo, il raffreddamento dello spread nei mesi successivi, fino a oggi, è avvenuto grazie alla deterrenza della Banca centrale europea e alla nuova fase che si è aperta dopo la soluzione del fiscal cliff negli Stati Uniti.

Pertanto, attribuire l'andamento degli spread tra Italia e Spagna a questo o a quel governo, a questo o a quel leader, a questa o a quella politica economica è una banale distorsione ottica di chi è afflitto da provincialismo opportunista.

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