Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 06:39.
ROMA
Per la scuola la spesa per studente in Italia è in media con quella dei principali Paesi avanzati. Mentre spendiamo poco per l'università, dove dal 2007 a oggi c'è stata una contrazione di investimenti (al Fondo di finanziamento ordinario) di ben un miliardo di euro. Una situazione, quella universitaria, su cui è urgente intervenire, ha sottolineato Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria. Per le baby pensioni spendiamo 9,4 miliardi di euro l'anno, mentre per gli atenei, nel 2013, ci si fermerà ad appena 6,6 miliardi (contro i 7,6 miliardi investiti nel 2007). Secondo i dati Ocse la spesa pubblica per l'istruzione terziaria in Italia è pari ad appena l'1%, contro una media Ue a 21 dell'1,3% (media Ocse dell'1,5%). E da noi, pure, la spesa annua per studente è di 9.553 dollari (nell'Ue a 21 è di 12.958 e di ben 13.717 dollari nell'Ocse). In media, quindi, spendiamo il 30% in meno. In Francia si spendono 14.079 dollari, in Germania 15.390. Di qui la necessità di investire di più. Anche l'attuale sistema di finanziamenti a pioggia alle università italiane è insufficiente, ha aggiunto Gentili, secondo cui sarebbe invece opportuno puntare su investimenti mirati: «Puntando di più per esempio sulle top ten universities, quelle cioè più competitive a livello mondiale e che sono in grado di far crescere la ricerca e attrarre studenti stranieri».
Sul fronte scuola, invece, il problema non è tanto quello sulla quantità di risorse investite (non poche). Ma su come vengono spese. Sempre secondo gli ultimi dati Ocse emerge infatti, come, rispetto al Pil, l'Italia investa il 3,3%, contro il 3,6% dell'Ue a 21 e il 3,8% della media Ocse. Il problema sta invece nella spesa per studente che da noi è più alta. Alla scuola primaria, per esempio, è di 8.671 dollari, contro i 7.257 dollari dell'Ue a 21 e i 7.153 dollari della media Ocse. In pratica, spediamo 1.400 dollari in più. E la spesa per studente è più alta in Italia anche alla scuola media (9.616 dollari contro 8.498 della media Ocse); mentre è in linea intorno ai 9.2oo dollari alle superiori. Nonostante, complessivamente, nella scuola italiana si sia ridotto di circa 2 milioni il capitale umano. «Bisogna perciò puntare su una maggiore qualità del servizio – ha sottolineato il presidente di TreeLLLe, Attilio Oliva – valorizzando, davvero, la formazione dei docenti e il modello di reclutamento. In Italia la progressione di carriera dei docenti avviene solo per anzianità, senza nessuna valutazione del servizio. Ed è quindi impossibile premiare il merito».
Dobbiamo invece investire di più in «R&S». Sempre in percentuale sul Pil, anno 2010, ha evidenziato l'Istat a dicembre, non ce la passiamo proprio bene. Siamo all'1,26% (contro una media Ue a 27 di 1,91%). La nostra performance è peggiore di Paesi come la Francia (2,26%), la Germania (2,82%), l'Inghilterra (1,77%). Solo Polonia, Turchia, Ungheria e Repubblica Ceca investono in «R&S» meno del nostro Paese.
Certo, la crisi ha influito. Ma sono anni che le fotografie scattate da studi nazionali e internazionali ci indicano le strade da intraprendere. A partire dal vero e proprio allarme educativo. Circa due milioni di giovani tra i 15 e 24 anni non sono né a scuola né a lavoro. Siamo nel blocco dei peggiori, in compagnia di Grecia, Irlanda, Bulgaria, Romania e Spagna. Il tasso di abbandono scolastico è al 18,8%. Peggio di noi solo Malta, Portogallo e Spagna. E l'obiettivo di «Europa 2020» è ridurlo al 10%, e, se non c'è una rapida inversione di marcia, rischiamo di non raggiungerlo.
Altra nota dolente, ma con più sfumature, è la partecipazione dei livelli più elevati di istruzione al mercato del lavoro. In genere, nei Paesi Ocse i più istruiti hanno anche migliori prospettive occupazionali. In Italia, tra il 2002 e il 2010, si assistito invece a un aumento (seppur lieve) del tasso di occupazione dei diplomati (da 72,3% a 72,6%), mentre il tasso di occupazione dei laureati è sceso sensibilmente: dall'82,2% al 78,3%. Ancora troppo bassi sono pure i livelli di istruzione della popolazione italiana. La quota di persone con qualifica o diploma di scuola secondaria superiore raggiunge il 34,5% mentre è dell'11,2% la quota di chi possiede un titolo di studio universitario (Istat, Annuario statistico 2012).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Permalink
Ultimi di sezione
-
Italia
Agenzia delle Entrate sotto scacco, rischio «default fiscale»
-
L'ANALISI / EUROPA
L'Unione non deve essere solo un contenitore ma soggetto politico
Montesquieu
-
NO A GREXIT
L’Europa eviti il suicidio collettivo
-
Il ministro dell'Economia
Padoan: lavoreremo alla ripresa del dialogo, conta l’economia reale
-
LO SCENARIO
Subito un prestito ponte
-
gli economisti
Sachs: la mia soluzione per la Grecia