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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2013 alle ore 13:59.

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Dopo aver bloccato l'estradizione degli 007 americani condannati in via definitiva dalla Cassazione per il rapimento di Abu Omar (nel 2003 a Milano), il governo Monti ora cerca di bloccare anche il processo d'appello-bis agli ex vertici del Sismi riaperto dalla stessa Cassazione perché troppo ampio era stato il paracadute del segreto di Stato grazie al quale erano stati prosciolti con un «non luogo a procedere».

Venerdì notte, infatti, il Consiglio dei ministri ha deciso di sollevare un altro conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta (il quarto, dal 2007), stavolta per far annullare sia la sentenza 46340/2012 della Cassazione (là dove, appunto, ha ridotto la portata del segreto di Stato) sia il provvedimento con cui il 28 gennaio i giudici d'appello, in esecuzione di quella sentenza, hanno acquisito verbali, intercettazioni e altro materiale non più coperto da segreto (peraltro stra-pubblico da tempo). Materiale in base al quale il Pg Pietro De Petris ha chiesto, il 4 febbraio scorso, la condanna dell'ex capo del Sismi Niccolò Pollari a dodici anni di carcere, del suo braccio destro Marco Mancini a dieci, e di altri tre agenti segreti a otto. La difesa si è appellata al segreto di Stato ordinato dal Governo con due missive del 25 gennaio e del 1° febbraio.
Il conflitto annunciato da Palazzo Chigi è il tentativo in extremis di stoppare il verdetto, previsto martedì prossimo o al massimo la settimana dopo. Il Governo, tramite l'Avvocatura dello Stato, punta allo stop fino alla sentenza della Consulta, che confida sia favorevole come nel 2009 (sebbene allora la Corte già estese di molto la portata del segreto).

Un'eventuale condanna dei cinque imputati (anche se a titolo "individuale" e non in quanto longa manus del Sismi) getterebbe infatti un'ombra sul Governo Monti e sui precedenti (Berlusconi, Prodi, Berlusconi) per aver di fatto ostacolato l'accertamento della verità con l'arma del segreto di Stato (e non solo). Che è ciò di cui ci hanno accusato il Parlamento europeo e il Consiglio d'Europa nel 2007, chiedendo che quegli ostacoli venissero rimossi. Del resto, il caso Abu Omar non è solo un caso giudiziario e diplomatico (per i rapporti Cia-Sismi e quindi Italia-Usa) ma è destinato a pesare sulla credibilità del nostro Paese per quanto attiene la tutela dei diritti fondamentali. Come per le carceri, insomma, è in gioco «l'onore e il prestigio» dell'Italia.
Nessuna norma impone di sospendere un processo se viene sollevato conflitto; per prassi si attende che sia prima dichiarato «ammissibile» dalla Consulta. Salvo forzature, quindi, la sentenza d'appello arriverà puntuale e la sospensione scatterà nel successivo giudizio di Cassazione.

Il sequestro dell'ex Imam di Milano fu una vera extraordinary rendition. E secondo l'accusa fu concordato tra Cia e Sismi, o alcuni suoi funzionari. Finora sono stati condannati in via definitiva 23 agenti americani a pene da 7 a 9 anni, mentre altri tre - Jeff Castelli, all'epoca consigliere dell'ambasciata Usa a Roma ma soprattutto capo Cia in Italia, Ralph Henry Russomando, agente Cia dietro la veste di primo segretario d'ambasciata, Betnie Medero, anche lei 007 e seconda segretaria all'ambasciata - sono stati condannati in appello, rispettivamente, a sette e sei anni di carcere e ora si attende il verdetto della Cassazione. Tutti sono latitanti dal 2005/2006 e ben sei ministri della Giustizia hanno ritenuto di non chiedere l'estradizione. Dopo le condanne definitive il ministro Severino ha dato via libera alla diffusione di ricerche in campo internazionale (non negli Usa ai fini estradizionali) solo per Bob Lady, condannato a nove anni, di cui tre condonati. Severino ha spiegato che non è stata una decisione discrezionale (peraltro legittima poiché l'estradizione implica anche valutazioni politiche) ma "in linea" con un decreto ministeriale del 2000 secondo cui l'estradizione va chiesta solo se la pena da scontare supera i quattro anni, come nel caso di Bob Lady e non degli altri 22 condannati, al netto dell'indulto.

Il decreto citato, però, fa salva l'ipotesi che «la richiesta risulti comunque opportuna in relazione alla natura del reato e alla personalità del suo autore»: un "dettaglio" notato in un recente convegno, tanto più che il sequestro di una persona portata di forza in Egitto e torturata è una grave violazione dei diritti umani e rientrerebbe a pieno titolo tra i reati la cui «natura» rende «opportuna» la richiesta di estradizione dei responsabili.

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