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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2013 alle ore 13:57.

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L a partita sul prossimo bilancio comunitario ha superato questa settimana un passaggio decisivo, con un sofferto accordo tra i 27 paesi dell'Unione su un testo di compromesso. L'iter però è tutt'altro che terminato. Non solo la Commissione deve preparare un centinaio di testi legislativi in modo da mettere in pratica le politiche comunitarie decise dal Consiglio, ma lo stesso bilancio deve essere approvato dal Parlamento.

L'esito del voto è oggi drammaticamente incerto.
Per la prima volta verrà applicato il Trattato di Lisbona che prevede il benestare da parte dei deputati delle prospettive finanziarie dell'Unione. Le prime reazioni dei parlamentari europei sono state negative. Venerdì, ad accordo raggiunto tra i 27, i capigruppo dei quattro principali partiti (socialisti, popolari, verdi e liberali) hanno spiegato in un comunicato che non daranno il loro benestare al bilancio «così come è» perché «non rafforzerà la competitività dell'economia europea».
Per la prima volta, il bilancio è stato ridotto rispetto al settennato precedente. Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha risposto chiedendo all'assemblea «di assumersi le proprie responsabilità», ricordando che «il bilancio non è una operazione contabile» poiché «la vita, la sopravvivenza di regioni, gruppi sociali interi ne dipendono». Pur dando più spazio alle politiche dell'innovazione, le prospettive finanziarie restano dominate da rubriche tradizionali, come l'agricoltura.

Il presidente della Commissione Bilancio del Parlamento, il francese Alain Lamassoure, ha avvertito che raccomanderà ai deputati «di rimettere in discussione» l'accordo poiché priva l'Unione «di qualsiasi margine di manovra per sette anni». Mentre il presidente del Parlamento, il tedesco Martin Schulz, ha minacciato la possibilità che il voto dell'assemblea sul testo avvenga a scrutinio segreto. «Se così fosse il rischio di bocciatura sarebbe reale» commenta un diplomatico.
Secondo Marianne Dony, professore all'Université libre de Bruxelles, «i deputati saranno oggetto delle pressioni dei loro Stati membri e dei loro partiti nazionali. Bisognerà seguire i parlamentari tedeschi, che dopotutto sono 99». A indurre i deputati a un atteggiamento più duro potrebbero essere le elezioni europee del 2014: «Se il Parlamento - spiega la signora Dony - si appiattisce come un tappetino davanti al Consiglio, allora gli elettori potrebbero veramente chiedersi a cosa serve».

In caso di bocciatura, entrerebbe in vigore il bilancio annuale. Ma vorranno i parlamentari mettere a repentaglio il funzionamento dell'Unione? La speranza di molti è che prevalga un atteggiamento più morbido. Dall'accordo dipendono politiche comunitarie fino al 2020. La stessa Commissione dovrà preparare in queste settimane un centinaio di testi legislativi per mettere in pratica l'intesa. È probabile quindi che per dare il suo assenso il Parlamento cercherà di strappare concessioni.
I Governi si sono detti pronti a venire incontro all'assemblea che tra le altre cose chiede la possibilità di rivedere il bilancio dopo due anni. Nella sua conferenza stampa di venerdì, il cancelliere Angela Merkel è parso fiducioso che questo aspetto potrà calmare le acque. «Ho parlato con molti deputati in questi giorni per tranquilizzarli», ha spiegato la Merkel. Inoltre, il Parlamento vuole poter spostare soldi da una rubrica all'altra, anche per adattare il bilancio alla situazione economica.

In un commento pubblicato ieri da La Libre Belgique, l'eurodeputato belga Jean-Luc Dehaene ha ricordato che in un primo tempo a finanziare il bilancio erano i diritti doganali. Nel 1988 fu deciso di associare a questa fonte economica anche i contributi nazionali che ormai pesano per il 68% nelle prospettive finanziarie. Il risultato è che «gli Stati membri tengono in ostaggio l'Unione europea».
Dehaene e altri parlamentari sostengono quindi l'idea di aumentare le risorse proprie dell'Europa. Lo sguardo corre prima di tutto alla tassa sulle transazioni finanziarie, che però è oggetto di cooperazione rafforzata tra 11 Paesi e non è quindi facile introdurre nel bilancio a 27. L'europarlamentare belga ed ex vice presidente della Commissione propone l'alternativa di finanziare il bilancio con imposte ambientali.

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