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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2013 alle ore 06:19.
Cipro ha scelto. Il ballottaggio di domenica - senza sorprese - ha portato alla presidenza il conservatore Nicos Anastasiades. Il voto apre così le porte a un accordo con la Ue e l'Fmi per un salvataggio chiesto otto mesi fa e bloccato dalle rigide posizioni del partito comunista, ora sconfitto. Per il Paese si aprirà una fase difficile, ma inevitabile: l'economia - e il settore finanziario - ha bisogno di risorse per un importo pari al Pil, cioè al reddito.
Una cifra monstre, che sarà accompagnata da condizioni "di austerità" altrettanto rigide, che non potranno che coinvolgere anche la vigilanza bancaria, considerata troppo morbida in un Paese che ha vissuto per anni sui trasferimenti dei russi, oligarchi - non tutti: alcuni preferiscono Londra - ma anche esponenti della classe media o medio alta timorosi di futuri espropri, non inconsueti nella storia russa e sovietica. La lezione è facile: in un mondo in cui - lo aveva spiegato già Hans Kelsen - non esiste la sovranità, mettersi nella condizione di aver bisogno dell'aiuto altrui può avere un costo molto, molto alto.
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