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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 14:05.

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È forse il tema più urgente dell'agenda-Conclave, la somma dei problemi di cui si dovrà occupare il successore di Benedetto XVI: la riforma della Curia, e in particolare delle finanze vaticane. La crisi al vertice dello Ior, lo scontro sulle leggi di riforma delle finanze pontificie con le bocciature nelle sedi internazionali (o le presunte promozioni), il blocco delle relazioni finanziarie con l'Italia, e la concentrazione di potere nelle mani del Segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone, sui ministeri economici d'Oltretevere: è lungo l'elenco di lagnanze da parte di molti cardinali, sia di Curia ma soprattutto delle diocesi sparse nel mondo, che stanno premendo per un deciso cambio di passo.

Questo sarà messo sul piatto delle Congregazioni generali che inizieranno domani e continueranno per tutta la settimana, fino all'apertura del Conclave, che presumibilmente sarà fissata per l'11 marzo. La riforma finanziaria è strettamente collegata con quella più generale della Curia, che è stata disegnata così com'è da Paolo VI – con una fortissima concentrazione di potere nel segretario di Stato – e che la maggioranza dei cardinali spera sia riformata.
La questione centrale è lo Ior, la banca vaticana (termine improprio, visto che formalmente non concede prestiti ma gestisce i soldi affidati) che ha un patrimonio di 7 miliardi di euro – stima decisamente prudenziale – e 34mila conti correnti, intestati a 25mila persone.

L'Istituto – dopo la crisi di maggio e la recente nomina del nuovo presidente – soffre di un deficit di trasparenza della normativa, e per esempio con l'Italia ha serie difficoltà di rapporti (ha dovuto chiudere i conti con le banche nazionali), messe in rilievo da Banca d'Italia a più riprese. La legge è stata passata al microscopio da Moneyval, organismo del Consiglio d'Europa, che ha accettato come buona la maggioranza dei punti della controriforma del gennaio 2012, ma restano delle lacune, rilevate informalmente anche da parte americana.
Ma al di là delle questioni puntuali di legge, resta la necessità di un cambio di passo rispetto all'opacità storica dello Ior, che non è mai arrivato.

È saltato agli occhi di mezzo mondo che dell'istituto si sia parlato anche in coincidenza della rinuncia papale, con l'indagine della magistratura senese, poi trasferita a quella di Roma per competenza, su presunti conti segreti al Torrione Niccolò V collegati all'acquisto di Antonveneta da parte di Mps. Fu Bertone a dire a Mario Monti, presente addirittura Giorgio Napolitano – durante il ricevimento annuale a palazzo Borromeo il 12 febbraio – che non c'erano conti “neri” dentro le mura leonine: il solo fatto di dover affrontare una materia scottante in occasioni istituzionali dà la dimensione di quanto il problema sia ancora aperto e irrisolto.

Le finanze del Papa passano anche attraverso l'Apsa (patrimonio immobiliare), il Governatorato (l'ente che gestisce i beni dello “stato”), gli Affari Economici (la Corte dei Conti) e Propaganda Fide, che ha asset complessivi stimati in almeno 9 miliardi. I primi tre sono guidati da cardinali molto vicini a Bertone, mentre Propaganda (che storicamente redige un proprio bilancio al di fuori del consolidato, caso unico) ha alla testa il cardinale Fernando Filoni, potente ex sostituto alla Segreteria di stato, diplomatico di razza - fu l'unico a rimanere a Bahgdad sotto le bombe americane - e oppositore della linea Bertone. E' stata forse la sua presenza a bloccare nei fatti un progetto accarezzato nei primi anni di pontificato Ratzinger: togliere la potestà esclusiva del bilancio a Propaganda e riportare il controllo conti sotto la segreteria di Stato.

La questione è controversa, visto che il dicastero delle missioni ha una vita tutta propria, e ha bisogno di un'autonomia di manovra più alta degli altri. Non è un caso che il prefetto sia chiamato “Papa rosso”, visto che praticamente propone in autonomia al vero Papa le nomine di vescovi in tutte le terre di missione, oltre un migliaio.
Questo era uno degli interventi ipotizzati in avvio del pontificato di Benedetto XVI: una riforma che avrebbe dovuto prevedere un deciso sfoltimento dei dicasteri senza portafoglio – i Pontifici Consigli – aumentati molto sotto Giovanni Paolo II. Ma non solo questo non è stato fatto (o solo in minima parte), ma nuovi organismi centrali sono nati. Nella riforma della Curia – tema battuto negli ultimi anni dai cardinali Attilio Nicora e Francesco Coccopalmerio, che avevano addirittura stilato una bozza – la questione finanze sarà quindi centrale, specie se si vorrà procedere ad un accorpamento di alcuni dicasteri-chiave, con l'obiettivo di ridurre i centri decisionali e ottimizzare le risorse.

Se questo tema entrerà in agenda lo si capirà nell'andamento delle Congregazioni generali, che saranno guidate dal decano, Angelo Sodano, che conosce molto bene il problema e che lo ha visto proprio su questo aspetto in “competizione” con il suo successore Bertone (che ha 78 anni compiuti), il quale nel 2007 lo ha sostituito alla guida della commissione cardinalizia dello Ior, appena rinnovata per cinque anni con ancora il segretario di Stato alla guida. Dipenderà quindi dal nuovo Papa e dall'assetto di governo della Curia che disegnerà di qui a qualche mese. Di certo la questione-finanze potrebbe essere uno dei capitoli di un'intesa più generale se dovesse passare l'ipotesi gradita a Sodano, rivelata da Vatican Insider, di un deciso rafforzamento della candidatura del brasiliano Odilo Pedro Scherer (che è da cinque anni consigliere Ior, appena riconfermato) in accoppiata, o “ticket”, con un cardinale di Curia, Mauro Piacenza o Leonardo Sandri. La partita è aperta.

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