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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 07:56.

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Quando Mario Draghi inizia a parlare, il rendimento dei BTp scende ancora. Cosa ha detto il presidente della Bce? Le solite cose. Ma ha aggiunto che non si deve drammatizzare l'esito delle elezioni italiane poiché la politica economica è guidata dall'«autopilota». Ossia dal Fiscal compact.

Quando Mario Draghi inizia a parlare, il rendimento dei BTp, già in calo per la strana accondiscendenza che i mercati stanno riservando ai bond dei paesi periferici, cala ancora di qualche centesimo. Cosa hanno trovato di buono gli investitori nelle parole del presidente della Bce? Le solite cose: che la banca centrale darà tutta la liquidità necessaria alle banche, che c'è il paracadute del Omt (fondo salvastati) e che occorre proseguire nel cammino delle riforme strutturali. Ma Draghi aggiunge un'altra cosa che dovrebbe servire a temperare le tensioni sul nostro Paese: «La politica fiscale italiana viaggia con l'autopilota». Insomma la strada sarebbe già segnata dal fiscal compact e dagli impegni assunti con Bruxelles, oltre che dalla legge che obbliga il Governo al pareggio di bilancio. Perché dunque drammatizzare la situazione italiana come fanno i giornalisti e i politici? Non a caso, qualche minuto dopo la conferenza stampa, una nota di UniCredit consigliava i clienti a mantenere il sovrapeso sui titoli di Stato italiani, spagnoli, portoghesi e irlandesi e, di contro, a ridurre il peso su quelli tedeschi e degli altri Paesi "virtuosi".

La strana condiscendenza dei mercati è dunque spiegata e giustificata: qualsiasi cosa succeda nella politica italiana è poco influente, perché si deve proseguire sulla strada tracciata da Mario Monti e, se le cose si mettessero male, c'è sempre l'Omt: «È una rete di protezione davvero efficace – spiega Draghi – ed è lì. Ma voi conoscete le regole». E le regole sono due: che il prossimo eventuale governo italiano (di minoranza) dovrà chiedere a Bruxelles e Francoforte l'applicazione del meccanismo salvastati, mettendosi difatto nelle mani della Troika; che le esistenti misure di austerità che guidano la rotta dell'«autopilota» dovranno necessariamente essere inasprite. Visto l'esito delle elezioni italiane e la volontà del Paese di cambiare rotta alla politica economica e fiscale, quelle due condizioni sono impraticabili. E probabilmente lo sono anche per la Spagna e per la Francia, la cui disoccupazione (al 10,6%) viaggia vicina a quella italiana.

È assai probabile che vi sia più razionalità nel comportamento dei mercati che nel procedere dei politici e soprattutto nel commentare dei giornalisti. Ma una così grande fiducia riposta in questo momento sui titoli di Stato italiani pare il risultato di una ardita semplificazione dei problemi e di una sottovalutazione delle ragioni sociali e della politica. Può darsi che abbia ragione Draghi e che nessuno se la senta alla fine di staccare l'autopilota. Ma non si capisce come mai una parte degli investitori continui a vendere azioni, specie quelle delle banche (-0,6% ieri il settore a Milano e -0,2% in Eurozona), trasferendo difatto il rischio Paese dai BTp a Piazza Affari. E, inoltre, se si vanno ad ascoltare le ragioni degli investitori, questi ti rispondono che in giro per il mondo c'è tanta liquidità in cerca di alti rendimenti, che le assicurazioni europee sono quasi costrette a comprare Bonos e BTp in un vortice di giustificazioni che accresce l'ottimismo.

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