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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 06:50.

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Sarà una giusta armonizzazione tra il concreto utilizzo del patrimonio artistico e le oculate scelte economiche ad aiutare la difficile situazione recessiva verso una ripresa non garantita da redistribuzione non virtuosa delle risorse? Intorno a questo problema si è dibattuto nella sede milanese dell'Università Iulm durante la presentazione del volume del professor Emmanuele F.M. Emanuele Arte e finanza.

L'autore ha il merito di affrontare con inusitata chiarezza soprattutto nella cultura economica italiana, il labirinto di irrisolti problemi strutturali e invano si affanna da anni per dimostrare che le istituzioni culturali debbono ridurre la dipendenza dai finanziamenti statali e devono invece costruire accessibilità e autonomia organizzativa imprenditoriale con il solo uso di capitali privati.
Emanuele, presidente della Fondazione Roma, del Palaexpo di via Nazionale, dell'orchestra sinfonica di Roma e a titolo gratuito consigliere del Mibac per la promozione dell'arte sacra, spiega che il sistema finanziario si basa eminentemente sull'istinto che mira all'arricchimento e che, per evitare situazioni traumatiche, sarebbe utile che gli Stati europei lavorassero perché prima di tutto sia rafforzata l'unione politica, per diminuire la fiscalità e poi ridurre gli sprechi e incanalare investimenti per tutte quelle attività che hanno finalità sociali. Questo avviene nel deserto di insipienze che pretendono di ignorare che le percentuali di cittadini che frequentano mostre e musei in Italia siano irrisorie, nella vacanza propositiva dei partiti. Emanuele ha detto: «Nessun partito ha avuto il buon senso in un Paese privo di industrie, di piani agricoli, di sviluppo del terziario, senza ricerca scientifica, di affrontare con determinazione strategica il problema della cultura».

Il patrimonio artistico, secondo l'autore, dovrebbe divenire terreno di prova per ridurre la spesa pubblica attraverso la cooperazione tra pubblico e privato, con un inevitabile processo di privatizzazione gestionale, per permettere alle imprese di prosperare, garantendo allo Stato maggiori entrate fiscali ed evitare lo spettro dei tagli alle spese, ossessivo ritornello di inadeguate progettualità.
Giovanni Puglisi, rettore Iulm e vicepresidente della commissione Cultura del ministero degli Esteri (tra le altre responsabilità ha quella di nominare i titolari degli istituti italiani di cultura all'estero) che ben conosce le difficoltà economiche in cui si dibattono queste importanti istituzioni, nel formulare auspici sulla necessità di radicali cambiamenti, ha detto: «L'Italia è patrimonio dell'umanità a prescindere dall'Unesco».

Il professor Pierluigi Sacco, docente di Economia della cultura e noto per avere fotografato il triste scenario dei rapporti tra arte e finanza, ha aggiunto: «Lo scrigno del patrimonio artistico italiano è diventato una tomba, in condizioni di amnesia collettiva e di paralisi creativa. Innovazione, creatività e produzione culturale sono gli unici elementi in grado di rompere il blocco piscologico che penalizza l'Italia anche sul versante economico. Veniamo da una storia nella quale il percorso tra industria manifatturiera e industria culturale ha vissuto sempre divari incolmabili e la cultura è considerata scarsa produttrice di valori economici. Contrariamente a quanto avvenuto negli Usa, dove la contrapposizione tra queste diverse realtà e la desueta distinzione tra cultura alta e bassa, ha nel mercato l'arbitro di una sfida economica alla quale in Europa si guarda sempre con diffidenza». Attratto dalle nuove potenzialità del mercato tecnologico, Sacco propone un coinvolgimento individuale delle persone anziane che possono impegnarsi singolarmente in attività ludico-culturali, ma nel chiuso delle loro case. Non questa la strategia del professor Emanuele cha ha rimarcato: «Mio desiderio è che le persone possano viaggiare, possano conoscere nuove culture, incontrare altre persone sfuggire a un isolamento non utile neanche dal punto di vista delle potenzialità che lo sviluppo economico richiede».

Ad Angelo Miglietta, docente di economia dei mercati internazionali e presidente di Sirti (ingegneria e impiantistica di rete), l'analisi di ostacoli che impediscono di sfruttare il vantaggio competitivo di un patrimonio in grado di trainare l'economia del paese. «Perché - ha detto - per gestire una impresa culturale sono necessarie conoscenze dell'economia aziendale e il coraggio di abbattere il tabù della cessione dei beni», così come riferendosi alle tesi del libro ha precisato che «non esistono nel nostro paese elementi che facciano pensare ad una diversa gestione " market oriented" come avviene altrove soprattutto in riferimento a inefficienze e sprechi». Dalla sua, il professor Emanuele supporta idee e riflessioni con dati che hanno spessore risultati indiscutibili e che erano state proposte nel novembre del 2012 agli "Stati Generali delle Cultura" a Roma promossi dal Sole 24 Ore. La Fondazione Roma nel periodo 2002-2010 ha accresciuto il proprio patrimonio del 26%, dato superiore rispetto al 22% registrato dall'insieme di tutte le altre Fondazioni italiane. Eppure solo nel settore arte l'istituto presieduto da Emanuele ha saputo organizzare dal 1999 ad oggi ben 40 mostre negli spazi romani di Palazzo Sciarra e palazzo Cipolla. Con una indicazione oggi tutta da meditare e che si legge a pag. 38 del volume: "La politica incapace faccia un passo indietro e permetta alla società di farne uno in avanti". Il libro di Emanuele si propone come preziosa e utile meditazione sui troppi malesseri che hanno alzato la febbre sociale.

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