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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2013 alle ore 07:06.
L'ultima modifica è del 22 marzo 2013 alle ore 08:00.

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Al summit uno degli interventi più attesi è stato quello di Anne Mény-Horn, Administrateur Général Adjoint del Musée d'Orsay che ha illustrato il modo con cui Louvre e Musée d'Orsay hanno valorizzato il proprio brand.

Madame Mény-Horn, quando è nato il brand del Louvre?
Nel 2005 il governo francese ha iniziato a progettare una politica di ampio respiro per valorizzare l'"economia dell'immateriale". È stata istituita un'agenzia statale apposita per gestire il patrimonio artistico francese. In Francia esisteva già la Reunion du Musées Nationaux, struttura che legava tutti i musei statali francesi. La nuova agenzia ha rafforzato questa unità di governo».

Il brand è stato registrato e utilizzato anche fuori del Louvre, come nel caso del Louvre di Abu Dhabi?
Sì, però nel caso del Louvre ad Abu Dhabi non si è trattato di una semplice licenza di marchio, ma di un vero e proprio accordo internazionale tra due Paesi.

Per i finanziamenti ai musei come vi siete organizzati?
Siamo partiti da una massima inglese: «There's nothing to sell but everything to value». Per valorizzare il nostro patrimonio, sia del Louvre, ma soprattutto del Musée d'Orsay, abbiamo prodotto mostre, spesso in collaborazione con altri musei per dividere con loro spese e gli utili, e far circolare le rassegne per il mondo. La mostra di Manet che ammireremo a Venezia in aprile è, ad esempio, organizzata con la Fondazione dei Musei Civici di Venezia e il Gruppo 24Ore.

L'Italia ammira molto la Francia per il modo con cui gestisce musei e patrimonio. Ma l'Italia vi ha insegnato qualcosa?
Ci avete insegnato a usare i cartelli pubblicitari sui monumenti in restauro, cosa che in Francia inizialmente è stata molto criticata. Poi, lo abbiamo fatto anche noi con grande vantaggio per l'economia dei musei.

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