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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2013 alle ore 07:19.

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I debiti pregressi della Pubblica amministrazione devono essere pagati al più presto per dare alle imprese risorse dovute e necessarie: novanta miliardi a fine 2011 secondo le nuove stime della Banca d'Italia. Il decreto del Governo va in questa direzione, ma la sua efficacia dipenderà dai tempi e dai modi in cui sarà applicato. Un errore da evitare è sollevare una contrapposizione tra banche e imprese. Le banche infatti svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare lo sblocco di questi crediti.

Il punto è stato sollevato in termini demagogici dal Movimento 5 stelle (i soldi sbloccati devono andare alle imprese e non alle banche) e rivisitato dal Ministro Vittorio Grilli (le banche vanno pagate, ma dopo le imprese). È corretto preoccuparsi prioritariamente della sopravvivenza delle imprese, che in genere hanno tasche meno profonde delle banche. Ma non bisogna dimenticare che le une e le altre viaggiano sullo stesso carro. Come indicato in audizione parlamentare da Daniele Franco, capo economista di Banca d'Italia, il 10% di questi debiti è stato ceduto ad intermediari finanziari. In effetti il mercato italiano del factoring è cresciuto molto rapidamente in questi tempi di pagamenti ritardati. Il volume di crediti (verso debitori pubblici e privati) acquistati è stato pari a 171 miliardi di euro nel 2012 (erano 135 nel 2010).
L'esistenza stessa di questo mercato dimostra che esiste anche una soluzione privata a questi problemi. Ossia, da un lato ci sono imprese disposte a rinunciare ad una quota del valore del credito pur di incassarlo subito. E dall'altro ci sono istituzioni che sono in grado di finanziare i ritardi nei pagamenti e avere bilanci in ordine. Le banche potrebbero avere un ruolo ancora maggiore nel fare affluire risorse per finanziare i pagamenti arretrati, limitando l'uso di risorse pubbliche, se la loro azione non fosse oggi in parte vincolata da nodi su cui occorrerebbe riflettere e che anche le procedure di certificazione varate dal Governo l'anno scorso non sono evidentemente riuscite a superare.

Il primo nodo è che la cessione pro-soluto (la banca assume il rischio di insolvenza) del credito implica la sua contabilizzazione nel debito pubblico. Il decreto, avendo in sé l'obiettivo esplicito di fare emergere gli obblighi delle amministrazioni pubbliche, di fatto rimuoverà questo ostacolo e allargherà i margini di azione per le banche. Il secondo nodo riguarda la regolamentazione prudenziale da parte della Banca d'Italia. La necessità di tutelare la stabilità del sistema bancario e allo stesso tempo accelerare l'afflusso di credito verso le imprese pone al regolatore scelte molto difficili. Il recente downgrading del debito pubblico italiano ha aumentato l'assorbimento di capitale richiesto alle banche a fronte dei finanziamenti agli enti pubblici, ad esempio alle Asl, rendendoli più costosi. Ora, i requisiti di capitale, oltre che dalle classi di merito di credito, dipendono da quanto le istituzioni debitrici vengano considerate protette dalla garanzia dello Stato. Su questo punto c'è una certa discrezionalità e non tutti i paesi europei adottano gli stessi criteri. Se il decreto rende esplicita la copertura dello Stato ai debiti dell'amministrazione pubblica, non sarebbe ragionevole ridurre i requisiti patrimoniali?

Terzo nodo riguarda l'Agenzia delle Entrate. Un capitolo molto annoso dal punto di vista delle imprese sono i crediti Iva. Le imprese li possono scontare. Ma a fronte del loro riconoscimento l'Agenzia chiede una garanzia bancaria, spesso difficile da ottenere. Tutelarsi dal rimborsare crediti inesistenti è ragionevole. Ma non sarebbe più efficiente avere strumenti di verifica migliori per accertare l'effettiva esistenza del credito, piuttosto che porre sulle imprese gli oneri di una garanzia che raramente riescono ad ottenere?
I nodi sono molti e questi sono solo alcuni esempi. Il punto è che la potenza di fuoco delle banche nel finanziare l'uscita dai debiti arretrati delle pubbliche amministrazioni potrebbe essere molto maggiore se fosse possibile superare i vincoli alla loro azione quando non sono necessari ed efficaci. E questo servirà anche in futuro. La cessione dei crediti verso l'amministrazione pubblica rimarrà comunque un'attività finanziaria fisiologica e utile (come in tutte le altre transazioni commerciali) anche se la situazione si normalizzasse. Tempi di pagamento certi e ragionevoli, come prescritto dall'Unione Europea, renderebbero queste operazioni più efficienti e meno costose per le imprese.

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