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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2013 alle ore 10:16.

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Basta giochi. È la forte esortazione del Sole 24 Ore che così titola l'editorale di ieri del direttore Roberto Napoletano elencando i danni che la crisi italiana e quella europea stanno infliggendo alle persone disoccupate e ai giovani scoraggiati, alle imprese che chiudono e alle banche dove aumentano le sofferenze. «Fate presto» era la titolazione dell'editoriale di Napoletano del 10 novembre 2011, quando lo spread dei nostri titoli decennali raggiunse i 570 punti base sui titoli tedeschi.

Allora come adesso l'appello è rivolto alle parti politiche italiane che in Parlamento rappresentano il popolo italiano, al quale devono rispondere sia per etica civile che per capacità e concretezza nel progettare e attuare l'azione politica nel rispetto della Costituzione. Le parti politiche italiane hanno oggi un'enorme responsabilità che va ben oltre il momentaneo vantaggio dell'una sull'altra perché, se la crisi dell'economia e della società non viene fermata, tutti saranno colpiti anche per gli effetti sulle istituzioni che già si vedono.

La situazione italiana, stando alla valutazione di un economista (quindi non di un politico) liberal-sociale quale mi considero, ha aspetti paradossali. Gran parte dei partiti politici esprime preoccupazione per la situazione economico-sociale e non poche proposte di intervento sono analoghe. E comunque sufficienti per trovare accordi che portino a un Governo (indispensabile) per intraprendere politiche economiche necessarie per uscire dalla crisi. Tutto ciò non accade poi perché interessi e problemi personali o di partito vengono anteposti al bene comune dell'Italia.

Siamo certi che ciò appare incomprensibile soprattutto a quei quarantenni e cinquantenni che hanno dimostrato competenza e rigore, dedizione e visione con la loro partecipazione alla vita democratica nei partiti, nell'economia e nella società. Essi sanno che il loro futuro e quello dei loro figli dipende dall'oggi della Repubblica italiana.
«Basta giochi» vuol dire mettere tutte le parti politiche di fronte a un'evidenza di crisi che non richiede più dimostrazioni. La "luce in fondo al tunnel" non c'è se le politiche economiche continueranno così. Per questo ci permettiamo di dare al nuovo Governo, qualunque possa essere, e al Parlamento, alcuni suggerimenti.

Il primo è che si leggano e si meditino i documenti delle forze imprenditoriali e sindacali. Citiamo tra i molti due progetti resi pubblici da rappresentanze che nel sentire comune sono "distanti" o "opposte". Ciò è accaduto in passato ma oggi di fronte alla crisi il progetto di Confindustria per l'Italia «Crescere si può, si deve» (del 23 gennaio 2013) e il Piano del Lavoro della Cgil «Creare lavoro per dare futuro e sviluppo al Paese» (del 25 gennaio 2013) nascono da chi ha la responsabilità di affrontare adesso le emergenze delle imprese e lavoro. Leggano sul Sole 24 Ore di ieri e su quello di oggi le altre emergenze da superare nelle quali ci riconosciamo.

Il secondo suggerimento è che si faccia una chiara distinzione tra politiche economiche a effetto rapido e politiche strutturali a effetto differito, anche se entrambe sono necessarie. Citiamone alcune. Tra le prime vi è il pagamento dei 91 miliardi di debiti che le pubbliche amministrazioni hanno verso le imprese e che si avviano (molto lentamente) a un pagamento. Ma anche un alleggerimento selettivo e una riallocazione della pressione fiscale a favore delle imprese, del lavoro e delle fasce più deboli della popolazione. Tra le seconde vi è la riforma fiscale e quella della struttura (amministrativa) delle istituzioni per arrivare a una efficiente semplificazione la cui mancanza costa miliardi di euro all'anno.

Se poi sarà varata la "Convenzione Costituente" (che noi proponiamo da anni) le connessioni tra istituzioni, efficienza ed equità andranno riviste.
Il terzo suggerimento è che sia riapra subito il dossier italiano in Europa. Il Governo (quale?) dovrà presentare entro aprile il Programma di stabilità e il Piano nazionale di riforme alle Istituzioni europee. Nel contempo deve contrattare il postponimento del pareggio di bilancio quanto meno per avere il cronoprogramma francese e spagnolo. Paese, quest'ultimo, che ha dimostrato una capacità di trattativa politica in Europa molto più incisiva del presidente Monti. L'Italia deve diventare duramente assertiva in Europa non solo per sé ma anche per salvare l'Eurozona che con il solo rigore senza crescita (salvo che in Germania!) andrà in pezzi.

Questo ci riporta al «Fate presto» del 10 novembre 2011. Allora, con il consenso di quasi tutti i partiti politici, il Presidente della Repubblica affidò l'incarico di formare il Governo a Mario Monti (nominato anche senatore a vita per configurarne e rafforzarne un ruolo al servizio della Repubblica) che poi ebbe la fiducia e il sostegno di una larghissima maggioranza parlamentare. Fino al luglio 2012 Monti assolse bene molte delle richieste europee rimettendo i tassi di interesse dei nostri titoli di Stato su un sentiero di discesa che poi fu assai accentuato dalla Bce. Da agosto Monti purtroppo ha scelto di continuare a fare troppi "compiti a casa" forse per diventare "il primo della classe in Europa" tralasciando le emergenze dell'economia reale e perseguendo un rigore che ha danneggiato la crescita. Infine, ha perso autorevolezza in Italia entrando nella partita politica. Peccato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affronta adesso questa nuova crisi con quel prestigio, quella saggezza e quella competenza che rappresenta al meglio, anche all'estero, la nostra storia Repubblicana. Ancora una volta lo ringraziamo.

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