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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2013 alle ore 07:38.
L'ultima modifica è del 05 aprile 2013 alle ore 08:36.
Il processo federalista fondato su una priorità regionalista ha interrotto in Italia la riflessione politica sulla città e sul contributo fondamentale che una politica urbana nazionale può portare sul tema di un nuovo sviluppo. Ora che quel processo si è interrotto senza lasciare grandi eredità politiche (salvo la macroregione del Nord cara alla Lega) si può infrangere anche il tabù urbano. Bene ha fatto quindi il ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, che presiede anche il nuovo comitato per le politiche urbane, a rilanciare il tema proponendolo sotto la lente del contributo allo sviluppo economico e del superamento di due grandi criticità italiane, la stasi della produttività e la crescente esclusione sociale. Facendo leva sui fondi Ue per le città italiane (almeno 3 miliardi), occorre approvare un piano nazionale di interventi, ulteriori risorse nazionali e trasferire a un solo ministero competenze oggi frammentate. Infranto il tabù ora si devono rincorrere a gran velocità modelli di riqualificazione e rigenerazione urbana come quelli di Bilbao, Barcellona o Berlino.
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